Amplesso – “Caro amico amplesso” è aria
femminile di “Poro re delle Indie”, opera di Metastasio e Händel. Il duetto è un po’ spinto,
specie per la morigerata corte asburgica -
Cleofide: “Caro amico amplesso!\ al mio seno”, Poro:
“Dolce amico amplesso! al core oppresso”, Cleofide e Poro: “Già dai vita e fai
goder”. Ma anche fiducioso, non c’era ancora il rifiuto del corpo, nemmeno in sacrestia.
Attribuzioni – Una didascalia, alla mostra romana
di Memling, riesce a mettere insieme in otto righe quattro condizionali, forse
cinque. La firma “probabilmente copiata dalla perduta cornice” (quindi
probabilmente falsa?). Il dittico “probabilmente commissionato da Bernardo
Bembo”. Ambasciatore di Venezia che è “il probabile soggetto” del “Ritratto
d’uomo con moneta”. Per cui i due dipinti sono “verosimilmente di questo torno
d’anni”. Ciononostante l’attribuzionismo fa testo e fa mercato. Incontestato:
il gusto è un metro di giudizio e di verità.
Battito d’ali --- L’uomo
einsteiniano, il cui mondo muta per un battito di ciglia, era già
di Leonardo, dei manoscritti Arundel al British Museum: “Il peso d’un uccelletto che vi si
posa basta a smuovere la terra”.
Heisenberg ha dimostrato che solo guardare un
atomo ne disturba l’assetto – Heisenberg che uomo e mondo rimette insieme,
fatti e fenomeni, storia e natura, in reciproca interazione, l’unità
ristabilendo dell’universo, contro quei nipotini di Copernico che pensavano
d’impossessarsene frantumandolo. McLuhan ha lavorato a lungo per dimostrare che
l’alfabetizzazione incide sulla fisiologia così come sulla vita psichica. Ma
non sono nozioni di senso comune, l’unità dell’universo, vita psichica inclusa?
Critica - Vincenzo Padula è uno scrittore
risorgimentale, poeta, drammaturgo, attivo negli anni1840-1870, tra Napoli e la
Calabria, già riscoperto da Croce, che Carlo Muscetta ha riproposto
sessant’anni fa con una fortunata antologia, “Persone in Calabria”. Con un
lungo saggio introduttivo che prende 235 pagine delle 591 totali. Intitolato
“La sfortuna di Padula”, si pensa antifrasticamente. E invece no, non c’è
riduttivismo che il curatore risparmi al suo autore: impolitico, incapace,
impoetico, incostante, “irriducibile spirito provinciale”, etc. . Molti autori
opinano a dire la critica inutile. E dannosa no?
Muscetta,
oltre che il personaggio collerico di tanta aneddotica, era – allora – esegeta
impegnato a “pesare” il suo autore. Nel quadro di una storia della letteratura
allora intesa come ascesa al Parnaso, graduatoria di eccellenze.
Dante – “Il più grande costruttore di
cattedrali” lo dice Corrado Alvaro (“Itinerario italiano”), “il segno del
potere degli italiani”.-
Kafka – Si sa dalla vita di Elizabeth Anscombe
- ma c’è anche nella biografia di Monk - che, avendo letto alcune opere di
Kafka regalategli dalla stessa Anscombe, che ne era ghiotta, Wittgenstein
commentò: “Quest’uomo si crea un sacco di problemi non scrivendo del suo
problema”. In realtà ne scrisse, al padre, alle fidanzate, a un paio di amici,
ma è vero che creò problemi più che crearsene, con diletto di molti.
Scrivere
– Si comincia dalla
fine? O dall’inizio?
È nella fine? È nel suo farsi? I gialli
che dominano le classifiche si costruiscono su un finale, al quale corrono –
Camilleri lo spiega anche. Ciò obbliga però a una lettura rapida e a un consumo
veloce, onnivoro e insaziabile, una benevola addiction - al bisogno sempre di
nuovi gialli. Orazio nell’“Arte poetica”, o “Lettera ai Pisoni”, dice il
contrario, e ha più senso anche pratico: si scrive dall’inizio. Lo dice pure
nelle epistole a Mecenate, con piglio più diretto: non comincio finché non mi
sento obbligato a farlo, finché l’impulso non diventa un proposito concreto,
allora comincio dandomi un finale, che però quando ho finito non è mai quello.
Scrivere è una fare che è un farsi: può
modificare presupposti e soluzioni. Ogni passo è una scelta, che modifica il
percorso.
Traduzione
– “Da Boezio ai nostri
giorni”, avverte il curatore della nuova traduzione di Aristotele nella
Pléiade, Richard Bodéüs, “ogni traduzione di Aristotele è occasione di una
nuova interpretazione e una possibilità di riscoperta”. Una nuova filosofia.
Wagner
– La sua
rivoluzione nel 1848 sembrò eccessiva perfino a Bakunin, “dea
sublime” del walhalla, che “scende fremente sulle ali delle tempeste”, tra
terremoti, uragani, spade fiammeggianti, fiaccole, raggi di sole, fiori profumati,
cori di giubilo. E perché non ascenderebbe, invece di scendere?
Wagner e Marx furono compagni di
rivoluzione nel ‘48. Poi, alle brutte, Wagner passò in carrozza sotto la
protezione del re di Sassonia.
Wilde – Fu proletario, all’ultimo. Nella
vita, rotto dal carcere, e nella scrittura, la “Ballata del carcere di
Reading”. “Ogni uomo uccide ciò che ama”, il verso famoso della ballata, non è
bello, la “cosa” suona stonata. Ma è vero, la ballata essendo un’evocazione
della forca imposta a un giovane compagno di prigione che aveva ucciso la
moglie. Il compagno di sventura Wilde elesse a suo alter ego, dell’ignominia
del carcere e della cecità degli affetti. Il poema avrebbe voluto pubblicato su
un periodico, il “Reynold’s Magazine”, che “circola largamente tra le classi
criminali – alle quali ora appartengo. Per una volta sarò letto dai miei pari”.
E in qualche modo lo fu: la ballata, anonima, ebbe subito sei edizioni.
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