“Dal 2014 al 2020”, dice Renzi a un Alan
Friedman ammirato, che per questo ha riedito il suo fortunato “Ammazziamo il
Gattopardo” con due nuovi capitoli, “l’Italia ha meno denari europei, siamo
passati da 99 miliardi a 58 miliardi. Ma sono 58 miliardi di euro. Possiamo rifare il Paese con 58 miliardi. Pensi
soltanto quello che possiamo fare al Sud”.
Seminarli, per esempio? In effetti, anche Renzi
ci “giobba” - mena il can per l’aia in toscano. Ammesso che sappia dov’è il
Sud, là sotto Roma.
Dijana Pavlovic, rom di Serbia milanesizzata,
attrice e attivista rom, racconta a Vittorio Zincone su “Sette” il 12 dicembre:
“Qualche tempo fa ero a Lugano, in Svizzera, e sono
stata derubata. La polizia mi ha detto: «Saranno stati gli italiani!»”. C’è sempre
uno più a Nord.
La
scoperta del Sud
Tim Parks, dopo trent’anni a Verona, è andato
al Sud, dovendo completare un suo opus
sui viaggi in treno, “Coincidenze”. Ora ci vuole tornare, spiega a Michele Neri
in un’intervista su “Sette” del 19 dicembre. Quel viaggio è stata una sorpresa,
anche se lo scrittore inglese è uno che legge molto. “Ora vorrei passare più
tempo al Sud”, confida, “per poi scriverne in modo diverso da ciò che si trova
in giro”.
Non sa ancora che, ma sa che il Sud non è
quello “che si trova in giro”. In particolare, vuole che sia “più interessante
dei ritratti di Saviano, in cui tutto appare corrotto”.
Le prime impressioni che gli hanno fatto
cambiare idea non sono trascendentali. La tendine arancione dei trenini del Sud
Est salentino, la signora grassoccia nello scompartimento che dice: “Dopo
Napoli, il silenzio”, e intende la mancanza di annunci sul treno – “Siamo
abbandonati”. Basta poco, in effetti.
La
superiorità viene dall’uguaglianza
Il Nord è passato dalla barbarie alla superiorità
sul Sud grazie al sentimento ugualitario. Alla primissima redazione del
politicamente corretto, per cui la barbarie è uguale alla civiltà, e così via.
Il Nord è sempre stato selvaggio, ma questo non vuol
dire: selvaggio e civilizzato pari sono. E non c’è soltanto la civiltà: di
abiti, modi, linguaggi, convenevoli più o meno ammanierati: il Nord è passato
attraverso il livellamento (indifferenza, relativismo) culturale da una
condizione minoritaria a una di superiorità sul Sud anche in fatto di cucina,
di storia, di arti applicate, e di pedagogia-psicologia o stili di vita – la
Grecia non può essere stata filosofica, o altrimenti lo fu perché era tedesca,
etc.
Sorprendente fu quarant’anni
fa, dovendo trattare una campagna pubblicitaria in Norvegia di una grande
azienda italiana, la scoperta nel Pigorini di Oslo che la famiglia norvegese, a
fine Ottocento-primi Novecento, viveva in una stanza, su palafitte. Dopo un
viaggio nell’oltremondo. Si va, si andava, a Oslo in aereo via Stoccolma,
nell’incolore bergmaniano dei pensieri incomunicati: i signori saggi, le
signorine con la pipa. A Stoccolma salivano giganti i norvegesi, camicioni a
scacchi, la parlata ch’è un urlo, e lo stesso solido aereo della Sas prendeva a
crocchiare. Tutto era
bello grosso pure al Parco delle sculture, dove non si capisce se si tengono o
si prendono, Vigeland lo innalza possente - forse ubriaco della Roma millenaria
di Mussolini, il cugino del re. Navi
in forma di barche e case minute ne dicono, ne dicevano,
la storia al museo: ripari di legno, su palafitte, che il
ghiaccio indurisce come ferro, a distanza dalla riva, per proteggersi dai
fulmini e gli incendi che i boschi attirano, un ambiente unico giorno e notte,
maschi e femmine, genitori e figli,
per letto la famosa panca di legno dove dormire seduti,
le ginocchia al petto per tenere
il calore. È, era, la durezza
dell’innocenza – ai tempi di Olao Magno vivevano nelle
caverne: si
capisce al contrasto con gli svedesi, gente di corte e presbitero.
Negli anni 1970 la cosa era dimenticata, e anzi
l’agenzia pubblicitaria che doveva curare la campagna cassò dai messaggi ogni
accenno all’italianità dell’azienda: “Deporrebbe a sfavore”. Si trattava di un investimento
in tecnologia, si proponeva di evocare in qualche modo Leonardo, Galileo.
Si può
dire anche la superiorità del Nord un fatto fisico. Il Nord è la stirpe di Dumézil e Marc Bloch, razza di guerrieri, giovane, virile – ma gli
altri, che sono essi pure guerrieri, sarebbero signorine?
Già il barone Evola, teorico delle razze, sostenne la superiorità del tipo “romano-nordico”
sul “romano-mediterraneo”, facendo incazzare Mussolini. Di
recente la signora Savitri Devi, teorica dell’animalismo,
ha riportato in vita gli “ariani”, sostenendone
l’origine polare – gli “ariani”
dunque esistono, sono gli eschimesi? Savitri
Devi è in continuità con Alfred Rosenberg, dottore, professore e
ministro ai lager,
e la sua “comunità di destino” nordica. Ma
già Machiavelli il Nord popolava di dei, dove è “residuo di libertà e antiche
virtù”, quei popoli non avendo potuto “pigliare i costumi di francesi,
spagnoli, italiani, le quali nazioni sono la corruttela del mondo”. In quello
che fu il posto delle utopie.
A
lungo fu il Nord posto di utopie, la mitica Thule scoperta da Pitea di Marsiglia,
gli Iperborei, gli Atlantidi, ma in quanto non luogo.
La tramontana è certo meglio dello scirocco, il
vento di borea, aquilone. E il Nord si approssima col viso
alzato: eretto, petto in fuori. Con l’agonismo contro il tempo, nel sistema
logico che privilegia il progresso, la novità. Ma attraverso le forme espressive
dell’autoconvincimento: il giornalismo, la pubblicità, e l’esicasmo, la
ritualità per automatismo. È la convinzione che fa la consistenza. È l’affermazione
di sé, il Nord identifica in questo l’Occidente – che non va tanto a Ovest
quanto a Nord, non ce n’è molto nel Brasile, né in Nord Africa. Quando l’Occidente
era in espansione. Una qualsiasi squinzia delle periferie britanniche,
sformata, ignorante, le unghie sporche, diventava signora nell’India opulenta o
in East Africa.
Benché squinzia ponga un problema: essendo escuinca all’origine, messicano per ragazza
sguaiata, bambinaccia, come ha fatto a penetrare il romanesco, c’è un Occidente
retrogrado?
Il Sud
si è fermato a Eboli
Forte capacità di trasfigurazione (creazione,
cristallizzazione) aveva Carlo Levi, scrittore solido anche alla rilettura,
dopo settanta-ottanta anni. Ferruccio Parri è quello dell’“Orologio”, ostaggio
rassegnato dei suoi angeli custodi De Gasperi e Togliatti, in teoria solo
ministri di un governo da lui presieduto. Lo stesso per il Sud: è il Sud di
Carlo Levi. Era povero ma non fuori dal mondo, dove “Cristo s’è fermato a Eboli” l’ha messo e
tuttora si trova. Eboli poi in particolare,
che ha, e aveva, una “marina”, e dove Mussolini si era recato in visita - ne scrive ammirato Pirandello da New York al
figlio Fausto nel 1935: “Ho visto una recente fotografia del Duce nell’atto di parlare a
Eboli: m’è parso il Davide del Bernini”. Diverso certo, ma il diverso non dovrebbe imporre rispetto?
Pavese, che non era un politico, non avrà vissuto a Brancaleone una
realtà migliore che in Lucania. Ma ne rispettava la diversità, nella mitologia,
l’esposizione, la luce, i silenzi, lo stesso isolamento - Brancaleone dà la
sensazione di essere spinti e isolati in mare aperto, nella solitudine,
l’orizzonte vi è quasi circolare – intuendone le non disprezzabili radici.leuzzi@antiit.eu
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