sabato 3 gennaio 2015

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (231)

Giuseppe Leuzzi

“Dal 2014 al 2020”, dice Renzi a un Alan Friedman ammirato, che per questo ha riedito il suo fortunato “Ammazziamo il Gattopardo” con due nuovi capitoli, “l’Italia ha meno denari europei, siamo passati da 99 miliardi a 58 miliardi. Ma sono 58 miliardi di euro. Possiamo rifare il Paese con 58 miliardi. Pensi soltanto quello che possiamo fare al Sud”.
Seminarli, per esempio? In effetti, anche Renzi ci “giobba” - mena il can per l’aia in toscano. Ammesso che sappia dov’è il Sud, là sotto Roma.

Dijana Pavlovic, rom di Serbia milanesizzata, attrice e attivista rom, racconta a Vittorio Zincone su “Sette” il 12 dicembre: Qualche tempo fa ero a Lugano, in Svizzera, e sono stata derubata. La polizia mi ha detto: «Saranno stati gli italiani!»”. C’è sempre uno più a Nord.

La scoperta del Sud
Tim Parks, dopo trent’anni a Verona, è andato al Sud, dovendo completare un suo opus sui viaggi in treno, “Coincidenze”. Ora ci vuole tornare, spiega a Michele Neri in un’intervista su “Sette” del 19 dicembre. Quel viaggio è stata una sorpresa, anche se lo scrittore inglese è uno che legge molto. “Ora vorrei passare più tempo al Sud”, confida, “per poi scriverne in modo diverso da ciò che si trova in giro”.
Non sa ancora che, ma sa che il Sud non è quello “che si trova in giro”. In particolare, vuole che sia “più interessante dei ritratti di Saviano, in cui tutto appare corrotto”.
Le prime impressioni che gli hanno fatto cambiare idea non sono trascendentali. La tendine arancione dei trenini del Sud Est salentino, la signora grassoccia nello scompartimento che dice: “Dopo Napoli, il silenzio”, e intende la mancanza di annunci sul treno – “Siamo abbandonati”. Basta poco, in effetti.

La superiorità viene dall’uguaglianza
Il Nord è passato dalla barbarie alla superiorità sul Sud grazie al sentimento ugualitario. Alla primissima redazione del politicamente corretto, per cui la barbarie è uguale alla civiltà, e così via.
Il Nord è sempre stato selvaggio, ma questo non vuol dire: selvaggio e civilizzato pari sono. E non c’è soltanto la civiltà: di abiti, modi, linguaggi, convenevoli più o meno ammanierati: il Nord è passato attraverso il livellamento (indifferenza, relativismo) culturale da una condizione minoritaria a una di superiorità sul Sud anche in fatto di cucina, di storia, di arti applicate, e di pedagogia-psicologia o stili di vita – la Grecia non può essere stata filosofica, o altrimenti lo fu perché era tedesca, etc.
Sorprendente fu quarant’anni fa, dovendo trattare una campagna pubblicitaria in Norvegia di una grande azienda italiana, la scoperta nel Pigorini di Oslo che la famiglia norvegese, a fine Ottocento-primi Novecento, viveva in una stanza, su palafitte. Dopo un viaggio nell’oltremondo. Si va, si andava, a Oslo in aereo via Stoccolma, nell’incolore bergmaniano dei pensieri incomunicati: i signori saggi, le signorine con la pipa. A Stoccolma salivano giganti i norvegesi, camicioni a scacchi, la parlata ch’è un urlo, e lo stesso solido aereo della Sas prendeva a crocchiare. Tutto era bello grosso pure al Parco delle sculture, dove non si capisce se si tengono o si prendono, Vigeland lo innalza possente - forse ubriaco della Roma millenaria di Mussolini, il cugino del re. Navi in forma di barche e case minute ne dicono, ne dicevano, la storia al museo: ripari di legno, su palafitte, che il ghiaccio indurisce come ferro, a distanza dalla riva, per proteggersi dai fulmini e gli incendi che i boschi attirano, un ambiente unico giorno e notte, maschi e femmine, genitori e figli, per letto la famosa panca di legno dove dormire seduti, le ginocchia al petto per tenere il calore. È, era, la durezza dell’innocenza – ai tempi di Olao Magno vivevano nelle caverne: si capisce al contrasto con gli svedesi, gente di corte e presbitero.
Negli anni 1970 la cosa era dimenticata, e anzi l’agenzia pubblicitaria che doveva curare la campagna cassò dai messaggi ogni accenno all’italianità dell’azienda: “Deporrebbe a sfavore”. Si trattava di un investimento in tecnologia, si proponeva di evocare in qualche modo Leonardo, Galileo.

Si può dire anche la superiorità del Nord un fatto fisico. Il Nord è la stirpe di Dumézil e Marc Bloch, razza di guerrieri, giovane, virile – ma gli altri, che sono essi pure guerrieri, sarebbero signorine? Già il barone Evola, teorico delle razze, sostenne la superiorità del tipo “romano-nordico” sul “romano-mediterraneo”, facendo incazzare Mussolini. Di recente la signora Savitri Devi, teorica dell’animalismo, ha riportato in vita gli “ariani”, sostenendone l’origine polare  – gli “ariani” dunque esistono, sono gli eschimesi? Savitri Devi è in continuità con Alfred Rosenberg, dottore, professore e ministro ai lager, e la sua “comunità di destino” nordica. Ma già Machiavelli il Nord popolava di dei, dove è “residuo di libertà e antiche virtù”, quei popoli non avendo potuto “pigliare i costumi di francesi, spagnoli, italiani, le quali nazioni sono la corruttela del mondo”. In quello che fu il posto delle utopie.

A lungo fu il Nord posto di utopie, la mitica Thule scoperta da Pitea di Marsiglia, gli Iperborei, gli Atlantidi, ma in quanto non luogo.
La tramontana è certo meglio dello scirocco, il vento di borea, aquilone. E il Nord si approssima col viso alzato: eretto, petto in fuori. Con l’agonismo contro il tempo, nel sistema logico che privilegia il progresso, la novità. Ma attraverso le forme espressive dell’autoconvincimento: il giornalismo, la pubblicità, e l’esicasmo, la ritualità per automatismo. È la convinzione che fa la consistenza. È l’affermazione di sé, il Nord identifica in questo l’Occidente – che non va tanto a Ovest quanto a Nord, non ce n’è molto nel Brasile, né in Nord Africa. Quando l’Occidente era in espansione. Una qualsiasi squinzia delle periferie britanniche, sformata, ignorante, le unghie sporche, diventava signora nell’India opulenta o in East Africa.
Benché squinzia ponga un problema: essendo escuinca all’origine, messicano per ragazza sguaiata, bambinaccia, come ha fatto a penetrare il romanesco, c’è un Occidente retrogrado?

Il Sud si è fermato a Eboli
Forte capacità di trasfigurazione (creazione, cristallizzazione) aveva Carlo Levi, scrittore solido anche alla rilettura, dopo settanta-ottanta anni. Ferruccio Parri è quello dell’“Orologio”, ostaggio rassegnato dei suoi angeli custodi De Gasperi e Togliatti, in teoria solo ministri di un governo da lui presieduto. Lo stesso per il Sud: è il Sud di Carlo Levi. Era povero ma non fuori dal mondo, dove  “Cristo s’è fermato a Eboli” l’ha messo e tuttora si trova. Eboli poi in particolare, che ha, e aveva, una “marina”, e dove Mussolini si era recato in visita - ne scrive ammirato Pirandello da New York al figlio Fausto nel 1935: “Ho visto una recente fotografia del Duce nell’atto di parlare a Eboli: m’è parso il Davide del Bernini”. Diverso certo, ma il diverso non dovrebbe imporre rispetto?
Pavese, che non era un politico, non avrà vissuto a Brancaleone una realtà migliore che in Lucania. Ma ne rispettava la diversità, nella mitologia, l’esposizione, la luce, i silenzi, lo stesso isolamento - Brancaleone dà la sensazione di essere spinti e isolati in mare aperto, nella solitudine, l’orizzonte vi è quasi circolare – intuendone le non disprezzabili radici.

leuzzi@antiit.eu

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