lunedì 12 gennaio 2015

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (232)

Giuseppe Leuzzi

Lo hacker, il nuovissimo supereroe, è industriale, urbano, settentrionale. È scandinavo, dopo la trilogia di grande successo “Millennium”, e un giusto temperamentale, che agisce per la giustizia. Più spesso è californiano, per gioco, per disimpegno, per anarchismo. Anche nordcoreano o russo quando si vuole cattivo, distruttivo. Non è arabo però, anche se lì si localizza molta cattiveria, nemmeno mediterraneo.

A lungo la violenza fu ritenuta genetica, un fatto di stirpe, di sangue, di razza. Delle “razze” inferiori. Ma con pochi argomenti, specie dopo Hitler o Breivik, o l’eugenetica che non si dice che i paesi nordici praticano. La presunzione di sé c’è sempre, è anche naturale, ma, si sottace. Nessun accenno alla genetica nella violenza islamista, a Parigi o in Nigeria. È argomento solo in Italia. Nel quadro dell’antimafia, è vero.

Antipolitica
Tema dell’Italia civile, dei belli-e-buoni della Repubblica fin dai suoi esordi (Maranini, Ernesto Rossi, Scalfari, Ronchey), è in origine tema meridionale. Si può dire che l’Antitalia ha debuttato al Sud, anche se il primo specimen è “L’eredità Ferramonti”, 1883, di Gaetano Chelli, scrittore di piccole cose di provincia, di Massa Carrara, che Roma trovò subito, da piccolo impiegato, corrotta e spregiudicata. Ma due anni dopo Matilde Serao s’impadroniva del filone, con “La conquista di Roma”. Presto imitata da molti, compreso il siculo-napoletano De Roberto, “I viceré”, 1891-4, forse il più cattivo. Fino a “I vecchi e i giovani” di Pirandello, una sorta di anteprima del “Gattopardo”. L’antipolitica si può dire in origine meridionale.

Il familismo amorale
Causa primaria del ritardo del Sud è il “familismo amorale”, una tesi di successo della sociologia americana, di Edward Banfield, 1958, “Le basi morali di una società arretrata”, e Joseph La Palombara, 1966, “Clientela e parentela studio sui gruppi di interesse in Italia . In Italia il fenomeno non si direbbe limitato al Sud, ma pazienza. Ma il familismo fa la fortuna della migliore politica in America. Di molti Kennedy, anche mediocri. Di molti Bush. Come già degli Adams tra Sette e Ottocento, e dei Roosevelt tra Otto e Novecento. O dei Bailey a Chicago, dei Cuomo a New York. Ora, con i Clinton, è familismo in senso proprio, esteso alle mogli, ancorché in età e di scarsa salute.
Amorale è il familismo amorale - la disgrazia del Sud non sarà il Sud?

La “riproduzione sociale” è d’altronde ritenuta l’asse della borghese solidità, nel senso dei valori belli-e-buoni, della società stessa. Dell’impresa di famiglia, sia essa pure una semplice onorata pizzicheria, e della nobiltà professionale, di giudici figli e nipoti di giudici, avvocati figli di avvocati, clinici figli di clinici, e medici condotti. Al Sud, però, meno che altrove. Per le condizioni esterne che non lo consentono. Per le professioni sì, la “riproduzione sociale” è forte al Sud come altrove, per altri campi di affermazione no. È quasi impossibile fare impresa al Sud, per infrastrutture, jugulazioni politiche, mafie, credito, mercati.

Il familismo amorale non sarà una ricaduta sociologica delle “vite avventurose” di mafia create negli Usa in quegli anni da grandi scrittori, Puzo, Talese, grandissimi?

Napoli
Le ceneri di Pino Daniele esposte al Maschio Angioino per dieci giorni. E di Rosi no? Ancora un sforzo.

Daniele non voleva stare a Napoli, non da ora. Magari non voleva essere sepolto a Napoli, e per questo si è fatto incinerare. Ma la città non lo risparmia.

Si stringe Pino Daniele anche De Laurentiis, il produttore dei cinepanettoni e padrone del Napoli Calcio: nel suo nome requisisce le tribune dei tifosi ospiti e le vende ai fan del musicista pro Napoli calcio.  Una vera alzata d’ingegno.

De Laurentiis abbraccia e intrattiene esilarato il presidente della squadra ospite, lo juventino Agnelli. Nel nome di Pino Daniele - che non possa protestare per l’esclusione dei suoi tifosi. Poi, avendo perso la partita, lo insolentisce per comunicato stampa: malafede, incompetenza, eccetera. Vedi Napoli e muori?

Tra inchieste, condanne, evizioni, litigi, dimissioni, la giunta più terremotata è quella del sindaco giudice di Napoli De Magistris, la verità in cattedra.

Resistono alcune leggiadre signore, che il sindaco recupera sempre, in questo o quell’incarico, aumentando loro il quantum per la consulenza. È vero che De Magistris è famoso anche per essere bello: è generoso, non ne avrebbe bisogno.

“Vedi Napoli e poi muori è una buona idea”, dice uno dei finali alternativi che Hemingway scrisse e poi cassò per “Addio alle armi”, “forse non c’è fortuna in una penisola”. E intende: il mare non difende ma isola. Forse è questo il problema, non il Vesuvio – che con Napoli è stato sempre clemente.

La razza nordica
Hitler basò l’antisemitismo sulla prevalenza della razza nordica, e la razza nordica derivò da una robusta pubblicistica inglese, e da ultimo da Madison Grant (1865-1937), un eugeista e con servazionsiata americano, che ebbe grande successo con l’opera “The Passing of the Great race”, sottotitolo “La base razziale della storia europea”, pubblicata nel 1916, presto tradotta e sempre ristampata. Come eugenista, Grant fu a capo dei movimenti e della legislazione americana contro l’immigrazione latina e slava, a favore delle “razze nordiche”.

Gli argomenti di Grant non sono più alla moda, dopo la débâcle del nazismo, e per gli sviluppi della scienza. Ma non del tutto. Nel 1977, coronando a 78 anni le sue ricerche in “The Races and Peoples of Europe”, l’antropologo svedese Bertil Lundman rilanciava la razza Nordica, chiamandola “Nordid”. Con molto sottotipi: la sottorazza faelica nella Germania occidentale e nella Norvegia sud-occidentale, di corpo e viso ampi, la nord-atlantide in Danimarca, dai capelli scuri, l’oceanica in Gran Bretagna e Nord Atlantico, la scandid o scando-nordic. Ma già venticinque anni prima aveva le idée chiare, in “Umriss der Rassenkunde des Menschen in geschichtlicher Zeit”, lo schizzo delle razze umane nella storia.
Gli sviluppi della scienza erano disponibili peraltro già prima di Grant. Prima di Grant, in Europa, il razzismo era stato ampiamente collaudato in opere di pensiero e in leggi.  Gli studi sul’arianesimo, promossi dall’università anglo-tedesca di Gottinga, aperta a questo fine nel 1740, erano stati coronati un secolo e mezzo dopo, alla costituzione del Reich tedesco, da una serie di studi antropometrici e antropologici volti a imporre il “tipo” ario-germano – ario-nordico, o nordico-atlantideo. Una summa che Giuseppe Sergi curava nel 1901 di demolire, argomentando in un testo che fece epoca, “La razza mediterranea”, che non c’era nessuna prova che al vertice delle antiche società ci fossero le razze nordiche, e che al contrario tutto portava a concludere che i popoli mediterranei fossero i più creativi, dalla Mesopotamia a Roma.
Grant viene in evidenza, nella massa degli studi razzisti, perché fu, oltre che eugenista e legislatore restrittivo, anche filantropo e ambientalista. Fu all’origine della prima legislazione per la protezione delle specie animali non domestiche, e fondò molte varie associazioni ambientalistiche, o filantropiche a protezione della natura. Mentre i suoi argomenti, in materia di immigrazione e misgenetion, incroci razziali, non sono perenti. Sono anzi parte della mentalità corrente: il nordico è di colori chiari, capelli, occhi, pelle, è alto e robusto, ed è leale, giusto, di iniziativa, ingenuo, riservato, cavalleresco. Nordico è inteso tutto il meglio, che per questo steso fatto scredita il non nordico. Sul quale pesa comunque il sospetto di passionalità, non affidabilità, indulgenza, bassi istinti.

Del razzismo non si può parlare, su questo argomento si cade subito nella reductio ad Hitlerum. O nella “legge di Goodwin”, la tattica di squalificare l’avversario nella disputa acculandolo a Hitler – l’avvocato newyorchese Goodwin, ai primordi della rete, ne faceva una legge di ferro – una certezza matematica: Più si prolunga un dibattito sulla rete, più la probabilità di trovare un confronto coi nazisti o Hitler si approssima a 1”. Ma la mentalità che lo sottende è persistente. Al fondo anche della psicologia sociale italiana. Della Lega esplicitamente, ma anche dell’opinione pubblica in genere. Con strani percorsi logici.
Uno dei più noti, e persistenti, è quello di Mussolini. Del secondo Mussolini. Il fascismo come’è noto capitalizzò sulla romanità e il Mediterraneo. Ma solo fino al 1936, quando invece, impressionabile al suo solito, Mussolini fu sedotto dal razzismo di Hitler, al punto che dopo pochi mesi si dichiarava egli stesso nordico, erede dei Longobardi, e l’Italia improntava all’arianesimo invece che al mare Nostrum – il percorso è documentato nelle “Racial Theories in Fascist Italy” dello storico Aaron Gillette, che non si traduce. Allineandosi alle vedute di Carlo Formichi, il sanscritista traduttore di “Gulliver”, vice-presidente della sua Accademia d’Italia, e di Giulio Cogni (“Il razzismo”, 1936), l’inventore di un blend italiano tra “ariano nordico” e “ariano mediterraneo” che produce una superiore sintesi.

leuzzi@antiit.eu

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