Il Sud ha insegnato l’insalata e le altre
crudità a Milano. Alla Svizzera. A Londra e fino alla Scozia. E agli Stati
Uniti d’America. Georges Simenon ha un ispirato capitolo conclusivo alle sue
scorribande per gli Usa dopo il 1946 (“L’Amérique en auto”), intitolato
“L’odore dell’America”, che è un inno all’Italia, e al Sud. Gli italiani hanno
insegnato agli americani il crudo e anche il cotto: “praticamente”, dice, hanno
insegnato agli americani a mangiare. Venendo anche dal Piemonte e dalla
Toscana, ma soprattutto da Napoli, da Palermo e dalle Puglie. “Hanno introdotto
in Florida e in California l’arancio e il carciofo, piantato, lungo tutta la
costa del Pacifico, vigne con cui fare il vino” – due industrie che in pochi
decenni (Simenon scriveva nel 1951) avrebbero reso rinomata l’America anche n
cucina.
L’Europa dichiara guerra a Putin, il Sud la
paga. Arance, mandarini, limoni e kiwi, tutto l’arsenale delle vitamine C, è
rimasto questo inverno in gran parte attaccato agli alberi.
La mafia
a Milano
A Palermo i giudici del processo Stato-mafia
hanno disertato l’inaugurazione dell’anno giudiziario.
La mafia si è trasferita altrove?
È quello che sostiene il presidente della Corte
d’Appello di Milano, il più alto magistrato in città, Giovanni Canzio: “La
mafia si è preso il Nord, distruttiva come la metastasi di un cancro”, e la
metastasi è soprattutto diffusa a Milano e dintorni. La cosa è difficile da
concepire, forse il presidente non conosce Milano.
Di Milano non c’è da meravigliarsi, è sempre al
città degli untori. Ma Canzio non è il solo. Da Reggio Calabria il Procuratore
Capo Cafiero de Raho assicura che la ‘ndrangheta ha il monopolio della cocaina,
e che Gioia Tauro è il suo porto, il porto della ‘ndrangheta. Cafiero de Raho,
napoletano, forse non conosce il porto e Gioia Tauro. Ma, dopo che la cocaina è
uscita dal “suo” porto, come fa la ‘ndrangheta a mandarla in tutta Europa, per
corriere?
E la ‘ndrangheta cos’è, un corpo solido? O non
tanti piccoli, visibili e individuabili, delinquenti, coalizzati in gruppi o
famiglie, in concorrenza tra di loro? I giudici devono averne un’idea di
riflesso: ai delinquenti pensano come a un corpo costituito ferreo, una specie
di Csm – quando c’era il comunismo si diceva un’impresa (con più verità: la
concorrenza nelle mafie è spietata).
Calabria
“Forse
non c’è fortuna in una penisola”, è uno dei finali alternativi che Hemingway
scrisse e poi cassò per “Addio alle armi”, il romanzo (americano) della Grande
Guerra italiana. Il mare non difende ma isola. Peggio nella penisola della
penisola. “Vedi Napoli e poi muori è una buona idea”, dice il paragrafo
cassato: “Forse non c’è fortuna in una penisola”. Dove si è soli, e senza
riparo, esposti.
Il
finale alternativo, uno di 47 censiti, proprio questo dice, dopo che “tutti”
sono morti nel romanzo in vario modo, gli amici e l’innamorata: “Forse non sei
mai stato solo. Forse non sai cosa significa essere solo… Vedi Napoli”, etc.
Scompare dal governo Maria Carmela Lanzetta,
che nessuno sapeva fosse ministro – era agli Affari Regionali. Ma scompare in
modo ancora più strano: si dimette per fare l’assessore regionale in Calabria,
e poi rinuncia. Rinuncia perché tra gli altri assessori ce n’è uno indagato per
voto di scambio: i carabinieri trovarono i suoi volantini elettorali in casa di
un mafioso.
“Paura di altri attentati?”, chiede Goffredo
Buccini all’ex ministro Lanzetta, che da sindaco di Monasterace ebbe la
macchina incendiata. “”No”, è la risposta: “Ma in Calabria, sa?, c’è qualcosa
di peggio: la fatica di vivere ogni giorno”.
Il nome i greci diedero alla regione come della
bella abbondanza. Una regione di sperperatori? O di pentiti, se se ne spogliano
con determinazione. Ma senza essere francescani. Per stupidità allora, per
quale ragione?
Il consiglio regionale Calabria, eletto a fine
novembre, si è preso alcune settimane di ferie prima di riunirsi a metà
gennaio. I vecchi consiglieri rieletti non lavoravano da un anno circa, da
quando il consiglio era stato nei fatti commissariato. E i nuovi sono già
stanchi?
Malgrado abbia una solida maggioranza, il
vecchio comunista democrat Oliverio, presidente della Regione, non riesce a varare
una giunta. L’ha limitata a quattro o cinque assessorati, e niente. Poi dice
che il calabrese è testardo
I “Pre-Italici” della collana Scheiwiller ne fanno
una sorta di caput Italiae. La quale deve il nome a Italo, re degli Itali, “uomini
delle montagne”, gli Enotri che abitavano la Calabria. Italo che era nipote di
Minosse, re di Creta, etc. Ma è la regione che ha meno il culto della storia.
Cioè meno storia.
“Il viaggio a Crotone: scoprire la Calabria
dall’antichità ai giorni nostri”, è tema di un colloquio di studi a Ginevra l’anno
scorso. E di un progetto di ricerca dell’archeologo classico svizzero Lorenz
Baumer.
È vero che Minosse era un pastore. Anche
Zaleuco di Locri. Ma non è una diminuzione: Minosse fu grande legislatore,
Zaleuco pure, pastori erano i capivillaggio, pastori non di fede ma di animali
domestici. È quindi un peccato, i calabresi non sono nemmeno pastori?
.
Francesco Caruso diventa professore all’università
di Catanzaro senza nessun titolo scientifico. Forse perché era deputato di Rifondazione.
Sicuramente perché è un personaggio, e darà lustro, si pensa, all’università di
Catanzaro. Dopo i due anni alla Camera – nel 2008 naufragò con Rifondazione – aveva
trovato impiego al Parco Nazionale del Gran Sasso.
Il personaggio in Calabria deve essere anche
non calabrese: radicale è il rifiuto di se stessi. Caruso dev’essere stato
scelto anche perché è napoletano.
Il mafioso come un ladro, terrorista
Il
delitto perfetto vuole l’occultamento del cadavere: se non c’è il morto non c’è
l’assassino. La mafia invece vuole i suoi morti esposti, che si sappia, e per
questo si fa anche terribilista. Il suo “delitto perfetto” è incutere il
terrore.
Non a
fini politici, è naturale, non gliene frega nulla ai Riina di cosa pensa la
gente e di come convincerla meglio. Purché li tema. Con venature: da chi impone
le stragi (Riina) a chi non uccide (‘ndrangheta – gli ammazzamenti sono vendette
intestine).
Perché
la gente debba temere i mafiosi, anche questa domanda ha una risposta semplice:
l’arricchimento. Il mafioso è un ladro assassino. Non è un ladro tanto per sopravvivere,
o per cleptomania. È un accumulatore, e il patrimonio accumula allargando le
sue trincee di violenza. Nella guerra tradizionale cecchini e mitraglieri si
proteggevano con sacchi di sabbia, cavalli di frisia, trincee e muri di mattoni.
Il mafioso è un cecchino mobile, e si allarga col fuoco di sbarramento. Per
sbarramento l’arte militare intende le cannonate, ma qualsiasi arma, anche solo
una tanica di benzina, è un cannone per il mafioso, poiché affronta gente
inerme e indifesa.
La lotta
alla mafia per questo è stata sterile. Perché pensa di poter proteggere la vita
senza proteggere la proprietà. – il lavoro onesto, il guadagno. Mentre avviene
al contrario, che la mafia usa la violenza alla persona, senza limiti in
realtà, per il possesso, per allargare il suo possesso.
Un mafioso
è un ladro terrorista. Un capomafia naturalmente, gli altri sono sicari.
leuzzi@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento