La scena iniziale è in un bagno microscopico
di un ristorate cinese, puzzolente, da cui non si può uscire perché la maniglia
è rotta. È una scena d’innamoramento, la meno tesa della lunga storia. Ma la
claustrofobia è già impiantata nello spettatore, non c’è bisogno di essere
antivegani per soffrire – la dieta vegana è la materia del film: i cuori del
titolo sono affamati dei cuori altrui, cannibali, benché in cerca di purezza. Costanzo,
operatore di professione, martella inquadrature strette e strettissime, primi e
primissimi piani, usa anche il fisheye deformante, e non c’è scampo. In una New
York desolata, di periferia senza carattere. Un film potente, come si suole dire, ma per amatori: aggressivo.
L’epilogo non c’è, e allora interviene
il deus ex machina della tragedia antica. Di sesso femminile, ma sempre risolutore,
senza riguardi per le verosimiglianza - è pure vero che negli Usa si spara a
palle piene per niente: l’edizione originale è americana, benché il film sia
della Rai.
Saverio Costanzo, Hungry Hearts
Nessun commento:
Posta un commento