La confessione come manifestazione
della verità di se stessi. Arduo compito, ma Foucault è un temerario. Partendo
dal semplice: “L’uomo, in Occidente, è diventato una bestia da confessione”.
Dal cristianesimo a Freud.: “Per la propria salvezza ciascuno ha bisogno di
conoscere il più esattamente possibile chi è”, e “deve dirlo il più
esplicitamente possibile ad altre persone”.
All’improvviso, scavando “La
volontà di sapere”, l’archeologo dei saperi Foucault s’imbatte in questa
constatazione. La salvezza sarebbe stata un campo di scavo più produttivo
(seducente), ma anche sulla confessione sono fuochi d’artificio. Nell’ambito
dell’“ermeneutica del sé”, della “soggettività moderna” – cioè postgreca: è
vecchia di duemila anni. “La vecchia ingiunzione della confessione”, del
conosci te stesso, avendo innestata “sui metodi dell’ascolto clinico”. Con estese
riletture dell’antichità greca e latina, nelle quali Foucault si è immerso
negli ultimi anni.
Qui fa l’analisi della patristica, con
radici in Platone e in Seneca, estraendone le categorie della exomologesis e della exagoreusis. La publicatio sui di Tertulliano la prima, una sorta di sacra
rappresentazione del sé peccatore. O piuttosto una expositio sui, con cilici, polvere, denudamenti, tele di sacco, e
forse un’autodistruzione, non fosse per l’esibizionismo: un annullamento del
sé. L’altra operazione è più moderna: è portare alla luce. Confessare Foucault
dice strumento antidiabolico: è portare
alla luce, con cui il principe delle tenebre è incompatibile.
Una pratica pia, dunque, la exagoreusis, che è diventata “questa cosa
improbabile: una scienza-confessione, una scienza che si basa sui rituali della
confessione e sui suoi contenuti, una scienza che presuppone questa estorsione
multiforme e insistente, e si dà per oggetto l’inconfessabile-confessato”. La
psicoanalisi, l’innominata di queste conferenze. “Questa nuova pratica”,
commenta alla fine Arnold Davidson, è “la forma moderna della vecchia
«tentazione epistemologica» del cristianesimo” – dunque, Freud è al fondo cristiano?
E “un inaudito fondamento positivo del sé”. Per questo labile?
Col
soggetto contro il soggetto
Si potrebbe obiettare a Davidson su
“inaudito”, su “fondamento” e su “positivo”. Ma è vero che Foucault è morto
nella fase ascendente di questa scoperta, della meraviglia.
Approntato e curato in Italia due
anni fa, da Laura Cremonesi, Orazio Irrera, Daniele Lorenzini e Marina
Tazzioli, tra gli “MF materiali foucaultiani”, con un saggio di Arnold Davidson,
il volumetto è ora ripreso in Francia, come un pilastro del secondo o ultimo
Foucault, quello dell’archeologia del sé. Riprende due conferenze lineari, “Soggettività
e verità” e “Confessione e cristianità”, tenute all’università di Califonria a
Berkely il 20-21 ottobre 1980, per un pubblico straripante, e riprese al Dartmouth
College il 17 e il 24 novembre. Che troveranno poi sviluppo nel corso 1981-1982 al Collège de France, “L’ermeneutica
del soggetto”. Lineari per il percorso di ricerca di Foucault, la
genealogia del sé moderno, e il suo metodo di lavoro. Compresa la sintesi della
filosofia del Novecento, nel cui ambito la ricerca si colloca, come filosofia
del soggetto: la fenomenologia esistenziale post-Husserl, il positivismo
logico, lo strutturalismo. Col dovuto riconoscimento al primo Habermas, di
“Conoscenza e interessi”, lo studioso delle tecniche di produzione,
trasformazione e manipolazione, delle cose, dei segni e sistemi di segni,
dell’individuo. Che sono anche “tecniche di produzione, tecniche di
significazione e tecniche di dominio”. Ma in questo terzo ambito sono anche
tecniche del sé, di dominio del sé.
Davidson richiama a questo
proposito Vernant, che richiama Groethuysen, e la coscienza di sé come cattura in
sé di un lui, non di un io”. La genealogia del sé moderno “è
stata per anni la mia ossessione”, spiega Foucault. Per un motivo preciso: “per
sbarazzarsi” della filosofia del soggetto, “di una filosofia tradizionale del
soggetto”. Per il fascino del pensiero circolare?
Michel Foucault, Sull’origine dell’ermeneutica del sé,
Cronopio, pp. 114 € 12,50
L’origine de l’herméneutique du soi, Vrin, pp. 159 € 15
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