venerdì 23 gennaio 2015

Cosa Nostra è già pentita

Il pentitismo tra fratelli. Un’anticipazione sotto tutti i punti di vista, della giustizia e delle mafie – ma già nel 1950, gli anni del racconto, negli Usa non si facevano nomi al telefono. Simenon ne conosce i motivi - qui un amore - e i canonici sviluppi: la polizia in lotta con la mafia a chi arriva prima, l’odio tra fratelli, la vendetta contro le famiglie. La mafia non aveva ancora il nome di Cosa Nostra, Simenon la chiama “organizzazione”, ma è come se.
Una storia al trotto, come in Maigret, senza accelerazioni, Né colpi di scena, ma con passo “che ci trascina”, come Valéry chiedeva di un buon romanzo, “e perfino ci risucchia verso la fine”. È anche un’anticipazione di un filone che sarebbe stato fortunatissimo vent’anni dopo negli stessi Usa, nei racconti di Puzo, Talese, Mailer, nei film Leone, Coppola e tanti altri.
La suspense è sempre tesa. È il mondo degli uomini di paglia gestori di supermercati, bar-caffetterie, ristoranti, posti dove i contanti circolano ampiamente. Senza casellario penale e senza impronte digitali. Dai quali si pretende di tanto in tanto un servizio, oltre alla percentuale sugli incassi: un pedinamento, una spiata, un “avvertimento”, un assassinio. La mafia come Mefistofele, che dà quello che si vuole in cambio dell’anima. In un ambiente corrotto: il pizzo lo pretendono anche i politici, e gli sceriffi.
Un dramma italiano in America – non manca la mamma, e la vecchia nonna. Ma un’America molto diversa da quella posticcia inventata da un altro grande europeo, Scerbanenco, un’America vera. Nella Florida e il Sud Usa del viaggio che dal Connecticut Simenon aveva fatto in macchina una anno prima, descrivendolo in “L’Amérique en auto”.

Georges Simenon, I fratelli Rico, Adelphi, pp. 172 € 18

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