giovedì 22 gennaio 2015

I Balcani senza annoiarsi

Il libro che doveva completare “Tempo di doni” e “Fra i boschi e l’acqua”, il racconto – cinquant’anni dopo - del lungo periplo a piedi attraverso i Balcani, sulla strada per Costantinopoli, dell’autore diciottenne nel 1933-34, è pubblicato postumo . Sulla base del lavoro che a più riprese Patrick “Paddy” Leigh Fermor aveva intrapreso di questa parte finale del suo racconto, attraverso la Macedonia, la Bulgaria e la Romania, e mai si decideva a licenziare. L’occhio esterno del viaggiatore curioso era ostacolato dal fatto personale, la  storia d’amore che poi ebbe con la romena principessa Balasha Canatcuzene, per cinque anni fino allo scoppio della guerra – arruolato, “Paddy” si distinse nella guerra a Creta contro i parà tedeschi?
Una memoria di riporto – gran parte dei taccuini di questa parte del viaggio li aveva perduti – e su realtà meno invoglianti, spesso inerti, steppe, brume, facce e persone inarticolate, e comunque sorpassate senza lasciare traccia. Anche il Danubio è più limaccioso che pulsante. Il vocabolario più ricercato, dettagliato, variato del solito, stiracchiato, su una realtà che lo ispira, meno avventurosa, aneddoticamente, dell’Ungheria, dei Carpazi, della Transilvania dei primi due libri, e tuttavia sempre fertile. Come se fosse vita vissuta, oggi per settanta-ottant’anni fa.
Con i soliti pezzi di bravura, brevi narrazione all’interno del lungo racconto. La vita movimentata dei monasteri ortodossi, centri di ospitalità e stazioni di posta,  visti “come castelli del Medio Evo”, aperti alle donne come agli uomini, di passaggio o per studio.. Le ripetute cerimonie di benvenuto degli igumeni, con l’offerta di una cucchiaiata di sorbetto,o di marmellata d rose, di un cubo imbiancato di rahat lukum, un bicchierino di slivo, una tazza di caffè turco, e un bicchiere d’acqua. La stazza degli igumeni, tutti alti, come ogni alto religioso in carriera: “(Igumeni e) metropolitani sono tutti alti, gli arcivescovi ancora più alti, i patriarchi enormi”. Col gusto fine dei particolari, di popolazioni, anche residuali, di poche decine di persone, delle lingue, dei linguaggi fisici, lle tate apparizioni femminili, dei vecchi padroni turchi. Di usi e linguaggi turchi sempre ricondotti alla “Grecia”, che è l’anima già dei “Paddy” giovane, quella di Bisanzio, di Costantinpoli. Con momenti di revulsione “contro la balcanica rozzezza”. Con la dote del viaggiatore, di non annoiarsi mai: “La mia soglia della noia era così alta che non esisteva affatto. Ero inannoiabile”. Compresa la controindicazione: l’eccesso di curiosità, per tutto, anche per le pulci. E due ritratti non convenzionali dei genitori, a parti rovesciate rispetto alla realtà: freddo col padre, persona stimabile, geologo di fama, generosissimo con la madre, bohémienne, “stimolantissima compagnia
Manca la parte su Costantinopoli, che Leigh Fermor non riuscì a fermare sulla carta. Se non per pochi appunti. C’è invece un libro a parte, un centinaio di pagine, sul “Monte Athos”, dove lo scrittore soggiornò per tre settimane tra gennaio e febbraio del 1935. Nulla di eccezionale, un baedeker dei tanti monasteri, in uno dei quali, l’11 febbraio, lo festeggiano per i vent’anni. Partecipa ai riti e fa molti ritratti di monaci, ma ogni senso religioso latita. Non salta nemmeno un convento, ma la suagiornata è scandita dalla lettura, la mattina, la notte, la sera, di Byron, del “Don Juan” in particolare, ma anche del “Childe Harolds Pilgrimage” e ogni altra opera. Curiosamente, si sente più affine ai monaci bulgari che incontra, e di più a quelli del convento russo (“coi Russi si perdona tutto, non so perché”, “così gentlemen, anche i contadini, così strani processi mentali, e tanto sense of humour!”), che non alla Grecia che poi adotterà, di cui obietta alla cucina, alle chiusure mentali, alla faciloneria.
Qui rivela che, almeno per la Montagna Sacra, si era preparato. Non l’adolescente inesperto partito all’avventura era, ma uno che aveva occasione socialmente di frequentare i maggiori esperti di arte bizantina, Thomas Wittemore, David Talbot Rice, Ogilvie-Grant, e lo scrittore Robert Byron. Correda il libro un indice dei luoghi, le persone, le cose (temi, oggetti, migrazioni, sensazioni).
Patrick Leigh Fermor, The broken road , John Murray, pp. XXI+ 363 € 9,99

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