Artiglieria – Non c’è gloria
in aviazione, l’arma vincente delle guerre da un secolo, la più distruttiva.
Come non ce n’è stata nell’arma a distanza che la precedette, la più
distruttiva, l’artiglieria. Forse Napoleone, ma fu una artigliere per modo di
dire: alla scuola si classificò 42mo su 58, e in piazza non sparò una cannonata
– solo inquadrò l’artiglieria nella fanteria.
Non c’è
comunque gloria in artiglieria. L’unica battaglia che si ricordi vinta dai
cannoni prima dei semoventi fu Caporetto. Dove l’artiglieria austriaca
distrusse al buio in due ore e mezza, dalle 2 alle 4,30, l’artiglieria
italiana, e in un’ora, fra le 6,30 e le 7,30, le prime linee. Ma più per
l’insipienza dei comandi italiani, che si offrirono a immobile bersaglio.
L’artigliere
che più ha fatto carriera, Choderlos de Laclos, governatore delle colonie
francesi a Est del Capo di Buona Speranza con la Rivoluzione, e con Napoleone
generale d’artiglieria nell’armata del Reno, nell’armata d’Italia, a Santo
Domingo e nello Stato di Napoli, non ha mai tirato un colpo. A Mozambano comandava
la riserva, a Santo Domingo non c’è mai stato, e sbarcò a Taranto per morirvi,
di malaria e diarrea.
Funerale
- È
un’arte. Da qualche tempo passata in disuso, ma viva fino almeno a trent’anni
fa, ai funerali di Berlinguer, e tuttora in auge in una certa sinistra, per
esempio con la camera ardente laica in Campidoglio, nella sala monumentale della
Protomoteca (fino a trecento persone) o in quella più raccolta del Carroccio
(cento). Era un’arte gesuitica, secondo il Gioberti polemista del “Gesuita
moderno”. Poi diventata togliattiana, a partire dal funerale di Malaparte nel
1957. Il trionfo fu il funerale di Togliatti sette anni dopo: “Un km. di corone
(1.500) in corteo”, segnalava Bernardo Valli sul “Giorno”. Replicato per Pasolini,
senza più tante corone, ma in Campo dei Fiori, con molti massicci oratori. E
per Berlinguer.
Gladstone – In “Misteri” Hamsun lo fa confidente e protettore dell’irlandese James Carey, un pentito antifeniano che poi aiuterà a fuggire in Africa. È vero. Il 6 maggio 1882 un commando di indipendentisti irlandesi, capitanato da Carey, assassinò lord Cavendish, Alto Rappresentante (Chief Secretary) per l’Irlanda, e il suo vice Thomas Henry Burke, un irlandese, cattolico. Senza problemi, li uccise mentre passeggiavano nel parco Phoenix. Carey, un consigliere municipale di Dublino, arrestato come sospetto, denunciò i cinque membri della sua cellula, che un anno dopo furono impiccati. Per sé negoziò col governo Gladstone una nuova identità e una nuova opportunità in Sud Africa. Ma nel viaggio, dopo una bevuta, manifestò la sua identità, e un altro irlandese, Patrick O’ Donnell, che veniva dagli Stati Uniti e viaggiava sulla stessa nave, lo uccise a pistolettate. Anche O’Donnell, tradotto a Londra,sarà impiccato, a metà dicembre 1883.
Tutto si svolgeva rapidamente. Il
liberale Gladstone era ferocemente contro ogni forma di indipendenza dell’Irlanda.
Guerre mondiali – L’Italia le affrontò
neutrale. Con l’Italia neutrale, da una parte o dall’altra, il blocco germanico
le avrebbe vinte entrambe – la seconda si sarebbe giocata forse a ruoli
aggressori\aggrediti invertiti.
Si
celebra la Grande Guerra – e quest’anno anche la seconda, alla Liberazione –
tacendo il fatto principale, per l’Italia e per l’esito delle stesse guerre.
L’Italia fu in entrambi i casi per un anno, e avrebbe potuto-voluto restarlo,
neutrale. Sia pure, come si vuole, per calcolo e incapacità. Fu però per scelta,
in entrambi i casi. Malgrado alleanze che si vogliono cogenti all’entrata in guerra
e invece erano giuridicamente, oltre che nell’ottica italiana difensive, e non
aggressive. Senza l’Italia, in entrambi i casi, il blocco germanico era all’offensiva,
e nel secondo conflitto già vittorioso.
Nella
seconda guerra, la partecipazione italiana aprì i primi fronti di debolezza nello
schieramento germanico, nel Mediterraneo e in Nord Africa – in parallelo con l’avventura
nelle steppe sovietiche.
Sospetto – È il segno e
il veicolo della dissociazione sociale. Per esempio con la cosiddetta questione
morale della società “civile”, con i buoni e i cattivi, col “noi e loro”. Si
controllano (dissolvono) le società, insegnava la dinsiformacija sovietica, seminando il sospetto tra i cittadini. La
reciproca fiducia tra i cittadini, philia,
è secondo Aristotele il fondamento più saldo della buona politica.
Tambroni
-
Sono passati sotto silenzio l’anno scorso i cinquant’anni dalla morte di
Fernando Tambroni, il nono presidente del consiglio italiano, a partire dal 26
marzo 1960. Uno di fondatori della Dc nel 1943, che al VII congresso della Dc
pochi mesi prima si era espresso a favore di un governo di centro-sinistra con
il Psi. Nominato dal presidente Gronchi per “stanare” il loro stesso partito,
la Dc, divisa tra Segni e Moro, destra e sinistra, Tambroni tentò il monocolore
Dc. L’Italia aveva bisogno di un governo perché ospitava l’Olimpiade di Roma. Si
espose ai voti dei neofascisti, fu abbandonato dai ministri della sinistra Dc,
dovette dimettersi, ma dopo un’esplorazione fallimentare di Fanfani si vide
rigettate da Gronchi le dimissioni e completò l’iter parlamentare con la
fiducia. Tambroni si era segnalato anche per essere stato un ministro dell’Interno
energico, soprattutto contro la malavita organizzata. La decisone del Msi di
tenere il congresso a Genova fu l’esca per una serie di manifestazioni di
protesta, che Tambroni fece contrastare energicamente dalle forse dell’ordine.
Il 7 luglio a Reggio Emilia ci frono cinque morti tra i manifestanti. Il
congresso del Msi non si tenne. Il Msi non votò il bilancio, e dodici giorni
dopo Tambroni si dimise, lasciando il posto a Fanfani.
Nelle ricostruzioni storiche il
governo Tambroni viene solitamente assolto da progetti o tentazioni autoritarie.
Considerando anche che il presidente Gronchi che l’aveva voluto e sostenuto era
capofila della Dc di sinistra. Ma la politica visse quei giorni come se il
tentativo di golpe ci fosse. Moro aveva già predisposto l’esilio in Svizzera,
tramite il fidato segretario Sereno Freato. Togliatti invece
aspettava a Mosca.
Il
governo Tambroni durò in tutto tre mesi e mezzo, scomputando i giorni dell’esplorazione
Fanfani. Sufficienti a Valentino Bompiani a pubblicare “Il senso dello Stato”,
quattrocento pagine di discorsi di Tambroni.
Terrorista – È il puro e
duro di Nietzsche. Non si dice ma lo è – senza averlo letto, non necessariamente:
vengono dallo stesso rifiuto di sé, e quindi del mondo. Anche del terrorismo
più domestico, italiano, che si dovrebbe meglio conoscere: lo si è detto
dannunziano, mentre D’Annunzio è persona immaginifica e, suo malgrado forse,
rispettabile: non ha fato mai del male a nessuno. No, è l’aura Nietzsche, il
rifiuto sotto forma di buona coscienza di sé, la vecchia presunzione.
atolfo@antiit.eu
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