venerdì 2 gennaio 2015

La patina della tradizione brilla in cucina

 “Discutere di cosa si mangia allieta la gente e rinsalda o rappezza i matrimoni”. Simonetta Agnello è di gusto rétro e vuole esserlo, dopo essere stata a Londra avvocato di poveri e giudice dei minori. Va quindi controcorrente, si direbbe, inalberando questo Brillat-Savarin della “Fisiologia del gusto”. Contro le singletudini che fanno l’attualità, e le convivenze - magari nella vacanze, non tutte, una o due settimane. Lei anzi accentua, inneggia: non c’è povertà nella tradizione, cioè c’era, ma si difendeva, col buon gusto e i buoni sentimenti. Con le ricette di cucina, la cucina è per lei anzitutto tradizione. Della mamma, della nonna, della bisnonna. Preparate da lei stessa, dice. E lascia intendere: a Mosè, Agrigento, Sicilia.
Non è per masochismo. Il filo delle memoria la baronessa Agnello da qualche tempo privilegia seguendo la moda, letteraria e di spettacolo. Con “Un filo d’olio” e “La pecora di Pasqua” prima di questo “Pranzo di Mosè” – eco del classico “Pranzo di Babette”. C’è anzi un doppio senso commerciale nel propagandare Mosè: la piccola proprietà di famiglia è ora un agriturismo. Senza menzionare mai questa funzione, beninteso, tanto si trova su internet. Non per snobismo. Cioè sì, ma perché c’è una domanda di tradizione.
Simonetta Agnello è un brand con un suo pubblico, che non tradisce: la sintonizzazione avviene sulla tradizione, Che si vuole di per sé aristocratica. Come per “Downton Abbey”, c’è voglia di resilience, di consistenza, di vecchio-e-nobile, ai piani alti e ai piani bassi. È stata scrittrice di storie anche difficili, sgradevoli. Ma sempre con quel brillio, della patina, della remoteness.
Anche qui, attorno alle ricette fa crescere ricordi e aneddoti, grati perlopiù e comunque dominabili, non distruttivi. Attorno a una madre bellissima e a un padre vanesio e probabilmente incapace. Sono storie di donne: tutto cibo, tutte donne, questa è la costante. Con la continuità e la buona disposizione, se non l’amabilità.
Una lezione che non viene dai rosari del “Gattopardo” ma dal laburismo inglese. Questo miscuglio è il lato più interessante del suo successo. Il Sud vi è anche diverso, benché non detto. Di donne magari sacrificate da uomini incapaci o sciocchi, ma vive e attive. Un regalo.
Simonetta Agnello Hornby, Il pranzo di Mosé, Giunti, pp. 212, ill., € 16

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