“Chi sa, d’altronde, se si
sarebbero conosciuti ancora tra un’ora, tra una mezzora”. Una storia d’amour fou come una parusia: un evento
continuato, ripetuto, e tuttavia sorprendente. Tra due solitudini, certo - sono la precondizione dell’amore pazzo. Con i silenzi, le attese, la separazione.
Il set è Manhattan, di notte. Lui è in età, uno sradicato: un grande attore a Parigi abbandonato dalla moglie per un attore giovane la metà dei suoi anni. Lei, la sconosciuta, è l’amante perfetta, sempre presente, che ha già visto e sa tutto e niente scoraggia, nemmeno l’età – “un uomo in queste cose non ha età”. Lui sa che lei mente. Ma a metà, “per deformazione, per esagerazione, o per omissione”, e come per diminuirsi: “Se le rimproverava qualcosa era d’infangarsi ai suoi propri occhi con una sfrontatezza che rasentava la sfida”.
Il set è Manhattan, di notte. Lui è in età, uno sradicato: un grande attore a Parigi abbandonato dalla moglie per un attore giovane la metà dei suoi anni. Lei, la sconosciuta, è l’amante perfetta, sempre presente, che ha già visto e sa tutto e niente scoraggia, nemmeno l’età – “un uomo in queste cose non ha età”. Lui sa che lei mente. Ma a metà, “per deformazione, per esagerazione, o per omissione”, e come per diminuirsi: “Se le rimproverava qualcosa era d’infangarsi ai suoi propri occhi con una sfrontatezza che rasentava la sfida”.
Un tour de force di abilità, una sfida riuscita. Intrapreso da Simenon,
e rapidamente concluso, al Québec a fine 1945, sull’impressione delle poche ora
passate a Manhattan arrivando dall’Europa. Ma non è lui lo sbandato della storia,
sebbene gli attribuisca la sua stessa età, 48 anni – se non di rimpallo:
Simenon era molto distaccato dalle false accuse di collaborazionismo che l’avevano
ostracizzato in Nord America. È una vicenda senza eventi, solo sensazioni.
È una storia, al fondo, di donna
fatale, e un po’ anche di dark lady,
ma si svolge con le parole, a mano a mano che viene scritta. Senza eventi, o
esteriori deus ex machina. Gli umori sono espressione delle parole, che si
dicono o non si dicono. Con un grand’angolo sbieco, deformante. È attraverso la
riflessione-confessione-esposizione di lui, un po’ visto dall’esterno un po’
dall’interno, che la vicenda si grana, in tempo reale, vissuta mentre viene
raccontata. L’autore è nella pelle di lui, della sorpresa, dell’amore, dell’incertezza.
Ma non è lui che conduce il gioco: “Lei lo sapeva. Lei sapeva tutto”.
Come diversivo alla sua propria
vicenda umana non c’è male: è forse il miglior romanzo di Simenon - unico sicuramente: è una storia d’amore.
Georges Simenon, Tre camere a Manhattan, Adelphi, pp.
181 € 12
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