La
Cina “autoaffermativa” di Ki Jinping verrà a fare le manovre navali nel
Mediterraneo. Insieme con Putin. Nel quadro del “nuovo modello di relazioni tra
grandi potenze” che Xi ha dato come programma alla Cina.
Simbolicamente,
è il rovescio delle “aperture” che l’Europa impone due secoli fa all’Oriente, presentandosi
nei suoi porti con le flotte armate. Ma, contemporaneamente, la Gran Bretagna riapre
la base navale nel Golfo Persico che aveva chiuso nel 1968, con la fine
dell’impero. La aprirà a Bahrein, che è già la base della V flotta della Marina
Usa, stazionata tra il Golfo e l’Oceano Indiano. A Bahrein, o più in alto,
davanti a Bassora, vuole aprire un base il presidente francese Hollande, sull’onda
dell’emozione per gli attacchi terroristici a Parigi, dotandola della portaerei
atomica. E dunque si torna alla politica bruta di potenza, alle cannoniere? È il
tramonto del multilateralismo kissingeriano che sottende la globalizzazione?
No,
le marine si muovono in un quadro globalizzato. Sulla base cioè di intese di
fondo anti-disastro.
La
Cina esclude esplicitamente ogni intenzione di antagonizzare la Nato, forte della
convinzione che una sfida cementerebbe l’Alleanza e la rafforzerebbe. Né ha
ambizioni intercontinentali, non ha nemmeno il bombardiere strategico, l’equivalente
del B.52. Vuole “avvicinare” l’Europa: è il progetto di riapertura della Via della
Seta, terrestre attraverso il Kazakistan e la Russia, e marittima. L’intesa con
Putin rientra nell’“apertura” dell’Europa.
La
Cina non è nemica ma concorrente a tutto campo.
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