L’Europa
salvata dalla Grecia e dalla Spagna è solo un’ipotesi. Ma è più di wishful thinking, di un auspicio
avventato.
Uscire
dall’austerità è la ricetta per l’Europa. La sola - il consenso è unanime. La
sola possibilità di sopravvivenza per l’Europa, per una buona metà di essa. A
cui Angela Merkel e i suoi gregari, dalla Spagna, finora, ai Baltici, si oppongono,
per il (piccolo, temporaneo) beneficio concorrenziale che ne derivano in
confronto al resto del continente.
Tutto
questo si potrebbe ribaltare quest’anno con le elezioni in Grecia e Spagna. Syriza
da sola non basta. Ma se Tsipras riesce a barcamenarsi fino a fine anno, con la
Spagna di Podemos allora darebbe una spallata definitiva alla jugulazione del
blocco germanico. Grecia e Spagna insieme non fanno una grande forza, ma Iglesias
sottrarrebbe la Spagna al fronte dell’austerità. A cui altre defezioni
potrebbero seguire. Ma, soprattutto, il fronte dell’austerità si dissolverebbe
di fronte al fatto compiuto di una ripresa del lavoro, dell’occupazione, del
reddito, anche se in economie tutto sommato marginali dell’Unione.
Prima
di Podemos, il fronte anti austerità potrebbe rafforzarsi, ma allora in modo
consistente, con l’Italia. Se Renzi riuscirà a portare al Quirinale un presidente
di sostanza. Uno che dia fiducia ai mercati senza essere succube di Angela
Merkel.
La
mina mediterranea in questo caso, con un Quirinale non più popolato da
quisling, farebbe valanga. Un ri-schieramento italiano smuoverebbe le acque
della Grande Coalizione coi socialisti su cui si basa il terzo Merkel.
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