L’odore
dell’America è italiano. Simenon lo scopre per ultimo, nel 1958, nel commovente
breve testo che chiude la raccolta: gli odori dell’orto, gli odori della
cucina, le arance, i carciofi e la vite, nell’“enorme Babilonia” parlano ancora
italiano. “L’odore dell’America” è l’ultimo di una serie di articoli sulla
scoperta dell’America che Simenon fece a partire dal 1946, quando lasciò
sdegnato Parigi per il Nord America, il Canada dapprima e poi gli Stati Uniti –
troppe invidie: era stato denunciato in guerra, nel 1942, come ebreo, e nel
1944 come collaborazionista, per questo perfino processato, a nessun effetto.
“Un
uomo senza incubi”, tale Simenon scopre l’americano nel 1946. E tale si vorrà egli
stesso d’ora in poi, “libero” mentalmente e liberale. Liberato al punto da
rompere con Gallimard, il grande editore, al quale imputerà senza riserve né remore
di averlo pubblicato e venduto come scrittore di second’ordine. È qui che nasce
il secondo Simenn.
La corrispondenze
per “France Soir”, che fanno buona parte della raccolta, del 1946, sono gustose
cose viste in un lungo viaggio in macchina dal Canada alla Florida, col figlio
Marco, la moglie Tigy, e la segretaria bilingue Denyse Ouimet – un triangolo
che presto si dissolveà, col divorzio da Tigy e il matrimonio con Denyse. Tutte
osservazioni peraltro notevoli, è una scoperta dell’America che ancora dura.
Per esempio nella comparazione fra l’istruzione negli Usa e in Francia-Europa: “Qui
il bambino è re, il giovane è re”.
Georges Simenon, “Des phoques aux cocotiers e aux serpents à sonnette”. L’Amérique en auto, Livre de Poche, pp. 167 €
5,60
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