Una carta dell’Europa nel 1942,
subito alla seconda di copertina, ripetuta a buona memoria in terza, alla fine
del libro, è la parte più formidabile di questa storia. Che è poi la storia
della guerra, della Germania, e di Hitler, su cui ancora il più è da scrivere –
per ora restiamo acculati alla reductio
ad Hitlerum, alla non discussione, che tanto indignava Leo Strauss, buon
ebreo ma filosofo. Lilli Gruber vi intreccia una storia d’amore, che vorrebbe
vera. Di una prozia durante la guerra, sudtirolese come lei, col fidanzato del
suo paese che, avendo optato per la Germania, è arruolato da Hitler, muore in
guerra, etc. Verosimile. Ma il bello della storia è il contesto, lo sfondo. Il senso, dice la stessa scrittrice, della Heimat germanica. Con
la cartina.
Il 1942 è la guerra vinta dalla
Germania: dal Bug ai Pirenei, da Lubiana al circolo polare artico, con i Balcani
e l’Italia infeudati. Il 1943 è un’altra storia. Il sangue sì, la lingua pure, ma dopo l’8 settembre, quando i
tirolesi a Brunico tirarono fuori dalle cantine le opere d’arte che per
venticinque anni avevano celato agli italiani, i tedeschi se le presero e le
trafugarono. E anche il seguito non fu edificante. I tirolesi d’Italia avevano
scelto in massa la Germania al referendum privato promosso da Mussolini. Poi si
ricredettero, ma con dolore. Lilli Gruber ci ritorna su esuberante, dopo il
successo del primo volet, “Eredità”, lasciando
intuire una saga. Fa la storia felice di un’infelicità.
Sull’attendibilità storica non si può dire. C’è un solo precedente narrativo sul Sud Tirolo nella guerra, “Discrezioni”, di Mary De Rachewiltz, la figlia di Ezra Pound e Olga Rudge. Mary, cresciuta dalla nascita in una famiglia tirolese, pur nella discrezione, affettuosa (ha assunto perfino i tratti somatici tirolesi, che a lungo ha sottolineato con l’acconciatura e l’abbigliamento), ne dà un altro aspetto. Molto meno da cavaliere errante. Ma la ricostruzione di Lilli è accattivante, se non persuasiva.
Sull’attendibilità storica non si può dire. C’è un solo precedente narrativo sul Sud Tirolo nella guerra, “Discrezioni”, di Mary De Rachewiltz, la figlia di Ezra Pound e Olga Rudge. Mary, cresciuta dalla nascita in una famiglia tirolese, pur nella discrezione, affettuosa (ha assunto perfino i tratti somatici tirolesi, che a lungo ha sottolineato con l’acconciatura e l’abbigliamento), ne dà un altro aspetto. Molto meno da cavaliere errante. Ma la ricostruzione di Lilli è accattivante, se non persuasiva.
È la storia di un’infelicità di un mondo,
a posteriori, felice. Oggi
i sudtirolesi sono probabilmente, malgrado tutto, la comunità meglio
acquartierata in una paese allogeno,
tedeschi in Italia. Sicuramente
la più ricca, in Italia e anche in Europa, e quindi nel mondo. Grazie anche alla
loro operosità e intelligenza, certo: tradizionalisti
e aperti al nuovo. Ma in ambiente favorevole. Erano tignosi prima, e i soli
tedeschi antitaliani, l’autrice non trascuri questo particolare – lei che è una
dei pochi in Sud Tirolo che hanno fatto gli studi in Italia. Prima non nel fascismo, che
sempre portano a giustificazione: nel 1903, quando il Tirolo era austriaco, invasero
Innsbruck per prendersi l’università e Francesco Giuseppe dovette abolire le
cattedre italiane. È così che nasce una tradizione - questa avrebbe meritato di
uscire in “Eredità”. Si sono rifatti diventando i più ricchi d’Europa, con i
soldi di Roma.
Lilli Gruber, Tempesta, Rizzoli, pp. 387 € 18
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