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domenica 4 gennaio 2015

Secondi pensieri - 201

zeulig

Credulità - La credulità non è la stessa cosa che l’incredulità, ma non sempre. Vuole un limite anche l’incredulità: l’avversario è sofisticato ma non incerto. Come diceva Talleyrand comparando Richelieu e Metternich: “Il cardinale ingannava sempre ma non mentiva mai, Metternich mente sempre ma non inganna mai” – c’è una differenza? Basta leggere la realtà, come di dovere.

Croce – Più marxista di Togliatti, lotta di classe inclusa – così lo vuole Noventa, ma non è una battuta. Per formazione, per i primi interessi di giovane e di studioso, e per il modo di filosofare. L’idealismo napoletano, italiano, è pieno di studio, e critica interna, di Marx. Dello Hegel di Marx. È questo che ha generato la sterilità della filosofia in Italia per molti decenni e fino al “pensiero debole” – peraltro molto debole, a parte i buoni sentimenti. Non la predominanza crociana nel senso del potere, ma l’irretimento. In una logica, e anche in una storiografia, escatologica, rigenerativa, risolutiva.

Dissociazione –  È nozione tra le più indefinite della psicopatologia. Forse perché etichetta malattie diverse, per causa e natura se non per manifestazione. Un secolo e mezzo fa lo scienziato Guido Morselli già intuiva questa ambiguità di fondo. Né se ne sostiene più l’apparentamento alla schizofrenia del dottor Bleuler, la vecchia dementia praecox: non vi può essere sdoppiamento della personalità se non v’è più una personalità.
Si sono così elaborate la nozione anglofona di splitting e quella francofona di dédoublement, in opposizione alla Spaltung di area mitteleuropea e germanica. Questa essendo propriamente la frammentazione dell’Io in direzione della schizofrenia, quelle la segregazione di spicchi o grumi della personalità, labile, mobile  A opera della stessa personalità, per una deformazione che può avere, oppure no, derive compulsive, psicotiche. Può rientrare fra i disturbi della personalità, l’inverso dell’istrionismo, ed è più spesso l’effetto di una patologia sociale o storica. Cioè?

Filosofia tedesca - Si può leggere Wittgenstein, per esempio le “Ricerche filosofiche” , e non trovare mai un riferimento tedesco – eccetto Frege. Si dice che Wittgenstein venisse da Schopenhauer, ma è l’esatto opposto.
Si può leggere Anscombe, seicento pagine di Anscombe, e non imbattersi in un tedesco. Un paio di righe al più per Kant, ma niente Hegel, Schopenhauer, l’onnipresente Nietzsche. L’analitica è tosta, ma è filosofia, e non si incontrano i poderosi filosofi della storia, gli ordinatori, i sistemisti. Con le argute  sorprese dei “rovesciamenti”: l’amore è morte, il desiderio è dolore, la vitalità inganno e allucinazione – e Sofia Loren è Tina Pica?

Internet  – Rinvia all’attimo, al particolare, al dettaglio, magari con rapidità e in profondità, ma separando dall’unità. Non al particolare che introduce al tutto, all’unità, all’evento, o lo illustra.
Svuota anzi l’evento, o lo focalizzandolo su aspetti marginali. Oppure, se centrali, unici e non significativi dell’insieme. Anche in immagine: dà il colpo vincente nella partita, l’inquadratura specialmente pittorica del film, la battuta vincente della commedia, del dialogo politico, del libro, distogliendo dal gioco di squadra, dallo studio registico, dal linguaggio che può fare la felicità dell’insieme.
L’innovazione di twitter è stata di metterne in rilievo la natura intima, la frammentazione delle esperienze. La rete disarticola e non assembla. Non contestualizza, non inquadra, e anzi disperde.
Il regista Davide Farrario su “La Lettura” ne segna il limite nei riguardi del cinema. Dell’evento che Hollywood correttamente etichetta “larger than life”. Le sue immagini, più spesso semplicemente “rubate”, casuali, anche se perseguite accanitamente, siamo tutti fotofonofili, “liberano la testa” ma al contrario di come Fassbinder pensava il cinema: la slegano, la indeboliscono.

La disarticolazione non è solo dell’immagine costruita, è di ogni espressione – organizzazione, tecnica, procedura. La velocità e la compresenza dell’elettronica slegano più che unire. Uniscono in superficie, slegando il senso, diaggregandolo, frantumandolo. Non decostruendo, non implicano un’azione di elevata ingegneria logica, ma al contrario, designificando.
È qui il disagio del mondo collegato – l’incertezza, l’ansia. Nello svuotamento di senso. Che è un alleggerimento, se si vuole, nel senso dell’uguaglianza. Ma di un’uguaglianza che è deprivazione e non arricchimento. Neanche, al fondo, per coloro che “libera”, che porta al concerto. Succede come nell’alfabetizzazione:  l’autodidatta impara, ma male.

Psicologia - Giorello la lega agli astri, nell’elzeviro di fine anno sul “Corriere della sera”. Non propriamente, ma all’astronomia, con la quale l’astrologia è nata – “Galilelo, Cartesio e Newton non disdegnavano gli oroscopi”, che anzi compilavano, anche se solo per un obolo. “Il gioco degli oroscopi rivela più di un aspetto della nostra psicologia”, dice bene Giorello, “cioè del nodo di passioni che la razionalità talvolta controlla, ma non abolisce”.  Lo stesso gioco “rappresenta una traccia di una nostalgia del cielo che qualunque rigida concezione del sapere non può cancellare”.
Il “nodo di passioni” Freud lo srotola o lo agglomera?

Sospetto – Il sospetto, strumento di verità, si trasforma in un’ontologia conchiusa, la psicosi del complotto. Per cui un Hitler, per fare un esempio, fenomeno dichiarato e manifesto, viene avvolto di segreto, e ogni evento della vita quotidiana diventa assimilabile a Hitler. La vita, che si manifesta essendo, diventa un non luogo e un non ente.

Lascia interdetti che il sospetto sia ritenuto la verità – la porta della verità - ma è la forza d’Ignazio di Loyola, che pure è santo, del suo disegno totalizzante, la sua leva per rovesciare la realtà. S’immagini la potenza di mobilitazione degli esercizi spirituali su un contadino solitario, un coatto, un ladro abituale: assumeranno la convinzione dell’invincibilità, impareranno il latino.
È vero che ogni gesto, sia pure minimo o casuale, uno sbadiglio, non è indenne dal sospetto, un sospiro, uno sguardo, anche annoiato. Poi c’è Epimenide. O il bugiardo di Hegel: “Se uno confessa di mentire, dice la verità o una bugia?”.

Il sospetto deve andare contro “ciò che ogni periodo dice di sé e immagina di essere”, dice Marx, partendo da Hegel e Descartes: “De omnibus dubitandum est”. Tutte persone che non dubitano, Descartes, Hegel e lo stesso Marx. Mentre, spiega Kierkegaard, il dubbio stesso è soggetto a dubbio. Per la verità delle cose invece che per la verità del discorso, che è sempre zoppa.
La verità del discorso darà più piacere – le zoppe provano e danno più piacere, secondo Montaigne – ma è inutile: non c’è dubbio che “la violenza è la levatrice di ogni vecchia società”, e la violenza in effetti non è ideologica, è di tutte le ideologie. Il sospetto sarà dunque violenza per i suoi paladini.

zeulig@antiit.eu

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