Molta pietas, sul filo zen-san
Giovanni della Croce (“per avere quello che non possiedi, devi fare la strada
della privazione”, etc.), nessun guizzo del “folletto filosofo”. Il migliore è
il disegno in copertina. Oppure no, qualche guizzo c’è. Le mutandine
dell’Angelo Azzurro Marlene Dietrich tanto più intelligenti del “Discorso del
Rettorato!” del barbagianni Heidegger, il “muso” di Ceronetti. La liberazione
dalla Bellezza nell’arte: “Grazie, Paul, per averci liberati dalle catene della
bellezza femminile obbligatoria nell’arte! Madame Cézanne era una donna tra il
brutto e l’insignificante”, e o sposo ha potuto dare “lo stesso epso di realtà
formale di una Natura Morta di mele”.
Anche la deriva dell’Europa. Non più verso “malvagi
poteri totalitari”. No, “si andrà di degenerazione in degenerazioni, di
legalità in legalità formali incurabilmente amorfe, rive di linfa, di
sfinimenti in sfinimenti di ogni principio, in un crescendo di Insignificanze”.
Ma alla fine poco rimane, il
massimario è genere arduo
Guido Ceronetti, L’occhio del barbagianni, Adelphi, pp.
60 € 7
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