Arriva da
Palermo Pignatone e a Roma sbarca Majorana, dopo la mafia. Che altro manca, il
Gattopardo?
Il greco
Tsipras si aggira sobrio per l’Europa. Ma a Bruxelles baci e abbracci gli
impone il segaligno lussemburghese Juncker. Anche Angela Merkel va in giro
imponendo baci e abbracci. Si sono invertite le usanze. O questa Europa – di
Merkel, Juncker – è infida?
Mattarella
presidente della Repubblica, Grasso del Senato, è la rivincita della Sicilia?
Ininfluente, di legulei.
La “coesione territoriale” del ministero
del’Economia – i vecchi piani di aiuti al Sud – taglia 7,4 miliardi di cofinanziamenti
a progetti europei in Campania, Calabria e Sicilia tra il 2014 e il 2020. Senza
i quali cofinanziamenti i progetti europei non si possono fare.
Niente male, come incentivo alla ripresa. Nel
mutismo delle regioni tagliate. Per obbedienza di partito, al Pd, all’Ncd? Perche
non sanno nemmeno di che si tratta?
L’occhio
della legge, vago
“Abbiamo
fatto un fallimento da un miliardo” registrava, fra i tanti aneddoti di
perversa soddisfazione, “Fuori l’Italia
dal Sud” nel 1992. Una pratica non eccezionale: ordinare merce, vendersela, e
non pagarla. E notoria non solo in Calabria, come lì si raccontava, ma pure ai
commercialisti, fiscalisti e recupero crediti delle ditte fornitrici, a Milano
e dintorni. Che fino ai 200 milioni consigliavano anche di non fare causa, di
accontentarsi del poco che veniva saldato.
Ora la
cosa dev’essere giunta alle orecchie della Banca d’Italia. “Un paese dove il
recupero dei crediti richiede fino a quindici anni”, dice Panetta, il
vicedirettore della Banca d’Italia, scandalizzato a Fubini su “Repubblica”, e
intende: che paese è?
La giustizia è a favore del malaffare, ma non
si può dire.
A Mantova si indaga per mafia non il sindaco che
ha autorizzato una lottizzazione irregolare e forse illecita, ma il suo secondo
successore, che con quella lottizzazione non ha avuto a che fare. Anche perché
l’operazione è stata cassata dai tribunali amministrativi. Due sindaci e due
giunte comunali hanno autorizzato negli anni Duemila una megalottizzazione in
prossimità del centro storico che snaturavano la fisionomia della città: 200
villette a schiera e un grande albergo. Con l’assenso, forse, delle Belle Arti
dell’epoca. Il costruttore, Antonio Muto,
avviò i lavori.
Le proteste hanno costretto le Belle Arti, dove
intanto erano cambiati i funzionari, e il secondo dei sindaci autorizzatori a
bloccare successivamente la concessione. Il costruttore ricorse al Tar, senza
esito. Ricorso allora al Consiglio di Stato, senza esito. È a questo punto che
la vicenda segna il secolare predominio della sinistra a Mantova, e alle ultime
elezioni vince Sodano, un architetto del restauro dei beni culturali, berlusconiano.
Al quale il costruttore Muto minaccia una richiesta milionaria in giudizio per
danni, per i lavori già effettuati.
Che cosa succede? Niente. Non s’indaga prima, e
non s’indaga dopo. Ora invece, dopo il ribaltone epocale, la Procura Antimafia
decide che Muto è mafioso e Sodano è suo complice. Come non si sa. Il perché
sì, riguarda la lottizzazione fallita.
Ci sono state polemiche. La Procura Antimafia
non ha chiarito. E dunque stiamo ai fatti che si sanno. Si indaga il sindaco Sodano perché è del Pdl,
mentre quelli dell’autorizzazione erano del Pd? È possibile, è la prassi. La
Procura prepara le elezioni di maggio? Idem. O il costruttore Muto è
improvvisamente ‘ndranghetista perché dà fastidio ad altri costruttori? Anche
questo è possibile. Negli anni 1980 furono smantellate le grandi imprese edili
dei Cavalieri di Catania, di rilievo internazionale, proprio perché davano
fastidio al Nord. La cosa è facile: in una di queste imprese lavorerà
sicuramente un parente di un mafioso, o un “sangiovanni”, vicino o lontano non
importa.
Ma più probabile è che Sodano sia indagato perché è di origine calabrese -
così come il costruttore implicato. Ora, è possibile che sia Muto che Sodano
siano ‘ndranghetisti, anche se la Procura Antimafia non ci dice come. Ma Sodano
ha una storia che va raccontata. È nato e cresciuto a Crotone, finché la
famiglia non dovette emigrare per sfuggire a una storia di violenza e di mafia.
“Quando vivevo a Crotone la malavita bruciò il negozio di mia zia e poi per due
volte l’officina meccanica di un altro zio”, ha spiegato Sodano in lacrime a un
tv. Allora il padre del sindaco,
ferroviere, si caricò la famiglia e la portò al Nord.
Non un caso isolato. Nel caso di Sodano non è
possibile dire, ma personalmente conosciamo tre casi di imprese familiari che
hanno dovuto chiudere l’attività in Calabria perché scacciati dalla mafia (con
rapimenti di persona, distruzione di macchinari e immobili, ricatti, e anche un
assassinio, più uno mancato), spostandosi a Roma e Bologna. Per poi, dopo venti
o trent’anni, quando si erano rimessi in
piedi, essere accusati di mafia. I Carabinieri non perdonano.
Nel luogo d’origine altre imprese (si tratta di
imprese edili) ne hanno rilevato le attività, senza danni.
L’esperienza di Sodano bambino è comunque
quella di tutti: i Carabinieri in questi casi non ci sono.
Si fanno grosse carriere su queste ‘ndranghete
onnipossenti. Senza rischiare nulla.
Diritto
d’immagine
“Sono gli interessi (materiali e ideali), e non
le idee, a dominare immediatamente l’agire dell’uomo. Ma le «immagini del
mondo» create dalle «idee», hanno molto spesso determinato, come chi aziona uno
scambio ferroviario, i binari lungo i quali la dinamica degli interessi ha
mosso l’agire”. Nella sua contestabile sociologia delle religioni, Max Weber ha
questa fulminea percezione della verità delle cose (intr. a “L’etica economica
delle religioni mondiali”, vol. II della raccolta “Sociologia delle
religioni”).
È il problema del Sud, che non tanto è, quanto è rappresentato. Cioè, ora è anche un problema: diverso sviluppo e
diversa capacità di sviluppo, con molti caratteri retrogradi e repressivi. Ma
questa dicotomia, tra sviluppo e stagnazione, s’innesta, anzi si radica, in una
rappresentazione. Che non tanto è
imposta, si può convenire, quanto introiettata. Perché le “immagini”
(rappresentazioni, discorso su) sono potenti.
“Turpe, infausto Mediterraneo”, Guido Ceronetti
ha un attimo di malumore, nel suo aforismario ultimo “L’occhio del
barbagianni”, ma non infondato: “Da aurorale, epico, filosofico, a turpe su
tutte le sponde, portatore di sventura dovunque vi si affaccino esseri, nazioni
umane”. Non è così, ma è così che appare.
L’odio-di-sé
Ricordando la morte di Alistair Crowley, mago, poeta,
romanziere, scalatore, l’1 dicembre 1947, un giorno d’inverno dunque, nella sua
nordica Inghilterra, Ceronetti cita l’infermiera che lo assisteva, secondo la
quale avrebbe detto queste ultime parole”: “A volte odio me stesso”, I hate myself: “L’odio-di-sé, I hate, in una parola estrema”, commenta
Ceronetti, “evoca le Tenebre”. Si può vivere per distruggersi, contro la vita –
gli istinti vitali rovesciando.
Crowley ha fondato nel 1920 una Abbey Theleme,
una comunità religiosa, a Cefalù – da cui Mussolini dovette espellerlo tre anni
dopo, dopo una serie di articoli scandalistici sui giornali inglesi. Per la singolare
magia del luogo, peraltro non infetto dal turismo, più o meno culturale, di
Taormina o Siracusa. A Cefalù ancora negli anni 1950 il Club Mediterranée
apriva il suo primo villaggio, come in una terra vergine, per una vacanza senza
gli ingombri dei doveri sociali, e della curiosità malsana. Trent’anni dopo
Cefalù era impraticabile, senza spiaggia, senza mare e senza costa: tutto
divorato da costruzioni impietose, servito con alterigia senza più nessuna
grazia – chi va più a Cefalù?
L’aggressione all’ambiente, se buono e bello, è
anche questa una forma di odio-di-sé, che al Sud è molto praticata. Per motivi
sociali (tutti hanno diritto alla casa), economici (tutti hanno diritto sfruttare l’ambiente), di giustizia, di
eguaglianza, le giustificazioni non mancano. Ma intelligenti?
leuzzi@antiit.eu
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