giovedì 5 febbraio 2015

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (234)

Giuseppe Leuzzi

Arriva da Palermo Pignatone e a Roma sbarca Majorana, dopo la mafia. Che altro manca, il Gattopardo?

Il greco Tsipras si aggira sobrio per l’Europa. Ma a Bruxelles baci e abbracci gli impone il segaligno lussemburghese Juncker. Anche Angela Merkel va in giro imponendo baci e abbracci. Si sono invertite le usanze. O questa Europa – di Merkel, Juncker – è infida?

Mattarella presidente della Repubblica, Grasso del Senato, è la rivincita della Sicilia? Ininfluente, di legulei.

La “coesione territoriale” del ministero del’Economia – i vecchi piani di aiuti al Sud – taglia 7,4 miliardi di cofinanziamenti a progetti europei in Campania, Calabria e Sicilia tra il 2014 e il 2020. Senza i quali cofinanziamenti i progetti europei non si possono fare.
Niente male, come incentivo alla ripresa. Nel mutismo delle regioni tagliate. Per obbedienza di partito, al Pd, all’Ncd? Perche non  sanno nemmeno di che si tratta?

L’occhio della legge, vago
“Abbiamo fatto un fallimento da un miliardo” registrava, fra i tanti aneddoti di perversa soddisfazione,  “Fuori l’Italia dal Sud” nel 1992. Una pratica non eccezionale: ordinare merce, vendersela, e non pagarla. E notoria non solo in Calabria, come lì si raccontava, ma pure ai commercialisti, fiscalisti e recupero crediti delle ditte fornitrici, a Milano e dintorni. Che fino ai 200 milioni consigliavano anche di non fare causa, di accontentarsi del poco che veniva saldato.
Ora la cosa dev’essere giunta alle orecchie della Banca d’Italia. “Un paese dove il recupero dei crediti richiede fino a quindici anni”, dice Panetta, il vicedirettore della Banca d’Italia, scandalizzato a Fubini su “Repubblica”, e intende: che paese è?
La giustizia è a favore del malaffare, ma non si può dire.

A Mantova si indaga per mafia non il sindaco che ha autorizzato una lottizzazione irregolare e forse illecita, ma il suo secondo successore, che con quella lottizzazione non ha avuto a che fare. Anche perché l’operazione è stata cassata dai tribunali amministrativi. Due sindaci e due giunte comunali hanno autorizzato negli anni Duemila una megalottizzazione in prossimità del centro storico che snaturavano la fisionomia della città: 200 villette a schiera e un grande albergo. Con l’assenso, forse, delle Belle Arti dell’epoca.  Il costruttore, Antonio Muto, avviò i lavori.
Le proteste hanno costretto le Belle Arti, dove intanto erano cambiati i funzionari, e il secondo dei sindaci autorizzatori a bloccare successivamente la concessione. Il costruttore ricorse al Tar, senza esito. Ricorso allora al Consiglio di Stato, senza esito. È a questo punto che la vicenda segna il secolare predominio della sinistra a Mantova, e alle ultime elezioni vince Sodano, un architetto del restauro dei beni culturali, berlusconiano. Al quale il costruttore Muto minaccia una richiesta milionaria in giudizio per danni, per i lavori già effettuati.
Che cosa succede? Niente. Non s’indaga prima, e non s’indaga dopo. Ora invece, dopo il ribaltone epocale, la Procura Antimafia decide che Muto è mafioso e Sodano è suo complice. Come non si sa. Il perché sì, riguarda la lottizzazione fallita.
Ci sono state polemiche. La Procura Antimafia non ha chiarito. E dunque stiamo ai fatti che si sanno.  Si indaga il sindaco Sodano perché è del Pdl, mentre quelli dell’autorizzazione erano del Pd? È possibile, è la prassi. La Procura prepara le elezioni di maggio? Idem. O il costruttore Muto è improvvisamente ‘ndranghetista perché dà fastidio ad altri costruttori? Anche questo è possibile. Negli anni 1980 furono smantellate le grandi imprese edili dei Cavalieri di Catania, di rilievo internazionale, proprio perché davano fastidio al Nord. La cosa è facile: in una di queste imprese lavorerà sicuramente un parente di un mafioso, o un “sangiovanni”, vicino o lontano non importa.
Ma più probabile è che Sodano  sia indagato perché è di origine calabrese - così come il costruttore implicato. Ora, è possibile che sia Muto che Sodano siano ‘ndranghetisti, anche se la Procura Antimafia non ci dice come. Ma Sodano ha una storia che va raccontata. È nato e cresciuto a Crotone, finché la famiglia non dovette emigrare per sfuggire a una storia di violenza e di mafia. “Quando vivevo a Crotone la malavita bruciò il negozio di mia zia e poi per due volte l’officina meccanica di un altro zio”, ha spiegato Sodano in lacrime a un tv.  Allora il padre del sindaco, ferroviere, si caricò la famiglia e la portò al Nord.
Non un caso isolato. Nel caso di Sodano non è possibile dire, ma personalmente conosciamo tre casi di imprese familiari che hanno dovuto chiudere l’attività in Calabria perché scacciati dalla mafia (con rapimenti di persona, distruzione di macchinari e immobili, ricatti, e anche un assassinio, più uno mancato), spostandosi a Roma e Bologna. Per poi, dopo venti o trent’anni,  quando si erano rimessi in piedi, essere accusati di mafia. I Carabinieri non perdonano.
Nel luogo d’origine altre imprese (si tratta di imprese edili) ne hanno rilevato le attività, senza danni.
L’esperienza di Sodano bambino è comunque quella di tutti: i Carabinieri in questi casi non ci sono.  
Si fanno grosse carriere su queste ‘ndranghete onnipossenti. Senza rischiare nulla.

Diritto d’immagine
“Sono gli interessi (materiali e ideali), e non le idee, a dominare immediatamente l’agire dell’uomo. Ma le «immagini del mondo» create dalle «idee», hanno molto spesso determinato, come chi aziona uno scambio ferroviario, i binari lungo i quali la dinamica degli interessi ha mosso l’agire”. Nella sua contestabile sociologia delle religioni, Max Weber ha questa fulminea percezione della verità delle cose (intr. a “L’etica economica delle religioni mondiali”, vol. II della raccolta “Sociologia delle religioni”).
È il problema del Sud, che non tanto è, quanto è rappresentato. Cioè, ora è anche un problema: diverso sviluppo e diversa capacità di sviluppo, con molti caratteri retrogradi e repressivi. Ma questa dicotomia, tra sviluppo e stagnazione, s’innesta, anzi si radica, in una rappresentazione. Che non tanto è imposta, si può convenire, quanto introiettata. Perché le “immagini” (rappresentazioni, discorso su) sono potenti.
“Turpe, infausto Mediterraneo”, Guido Ceronetti ha un attimo di malumore, nel suo aforismario ultimo “L’occhio del barbagianni”, ma non infondato: “Da aurorale, epico, filosofico, a turpe su tutte le sponde, portatore di sventura dovunque vi si affaccino esseri, nazioni umane”. Non è così, ma è così che appare.

L’odio-di-sé
Ricordando la morte di Alistair Crowley, mago, poeta, romanziere, scalatore, l’1 dicembre 1947, un giorno d’inverno dunque, nella sua nordica Inghilterra, Ceronetti cita l’infermiera che lo assisteva, secondo la quale avrebbe detto queste ultime parole”: “A volte odio me stesso”, I hate myself: “L’odio-di-sé, I hate, in una parola estrema”, commenta Ceronetti, “evoca le Tenebre”. Si può vivere per distruggersi, contro la vita – gli istinti vitali rovesciando.
Crowley ha fondato nel 1920 una Abbey Theleme, una comunità religiosa, a Cefalù – da cui Mussolini dovette espellerlo tre anni dopo, dopo una serie di articoli scandalistici sui giornali inglesi. Per la singolare magia del luogo, peraltro non infetto dal turismo, più o meno culturale, di Taormina o Siracusa. A Cefalù ancora negli anni 1950 il Club Mediterranée apriva il suo primo villaggio, come in una terra vergine, per una vacanza senza gli ingombri dei doveri sociali, e della curiosità malsana. Trent’anni dopo Cefalù era impraticabile, senza spiaggia, senza mare e senza costa: tutto divorato da costruzioni impietose, servito con alterigia senza più nessuna grazia – chi va più a Cefalù?

L’aggressione all’ambiente, se buono e bello, è anche questa una forma di odio-di-sé, che al Sud è molto praticata. Per motivi sociali (tutti hanno diritto alla casa), economici (tutti hanno diritto  sfruttare l’ambiente), di giustizia, di eguaglianza, le giustificazioni non mancano. Ma intelligenti?

leuzzi@antiit.eu

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