Aspra rampogna del “Corriere della sera”, col
solito Gian Antonio Stella, contro il sindaco di Cosenza, Occhiuto. La colpa
del sindaco, che è di destra ma è architetto apprezzato, anche in Europa, e a
Pechino e Shangai, è di aver fatto citare Alarico in un dépliant turistico. E con Alarico Himmler, che nel 1937 volle una
campagna di scavi nel Busento per trovarne le ossa. Il dépliant è stato scritto “senza un accenno alle ragioni
dell’interesse di Himmler per Alarico”, conclude inarcando il pancino
l’articolista: “La costruzione attraverso la devozione alla teoria della
preistoria come materia di interesse nazionale di Gustav Kossinna, il culto di Enrico
I l’Uccellatore o il recupero del paganesimo, di una «storia su misura»
dell’ideologia nazista”.
Capito?
E tutto questo, Uccellatore, Kossinna, paganesimo,
nazismo, a Cosenza?
La Corte di Cassazione, a sezioni riunite, ha
precisato una dozzina d’anni fa quattro requisiti all’attendibilità di un
collaboratore di giustizia: la precisione, la coerenza, la costanza, la
spontaneità. Nessuno di questi requisiti c’è nei pentiti dello Stato-mafia. Anzi,
non ci sono propriamente neppre collaboratori di giustizia in questo processo, solo
voci. Ma il processo si fa, da anni, con decine di migliaia di carte. È l’unico
processo per mafia che si fa a Palermo.
L’europeismo nordista
Non c’è hooliganism
in Olanda, teppismo organizzato. I tifosi del Feijenoord, della civilissima
città di Rotterdam, anche quelli fascisti, non ci pensano di scatenarsi a
Amsterdam, magari contro l’odiato Ajax del “pilastro ebraico” (l’Olanda si
tollera organizzandosi su quattro “pilastri” separati, cattolico, luterano,
liberale, socialista, più uno, non detto, ebraico), lanciando bottiglie e
pedate contro il faunetto dello Spui, simbolo della città. Lo fanno all’estero,
se giocano nel Mediterraneo.
Lo fecero a Lisbona, contro il Benfica, nella loro
prima Coppa Europa, ora Champions League, che li eliminò per 3-1. Sono
diventati celebri un paio d’anni dopo, nei preliminari della stessa Coppa, a
Madrid. Vincevano col Real Madrid, che poi vincerà la coppa, per 2-1 a pochi
minuti dalla fine, quando il loro beniamino Moulijn subì un fallo: Moulijn si
avventò contro l’autore del fallo, inseguendolo per il campo, altri compagni lo
seguirono – in una caccia alla Ridolini che è la scena più spassosa di tutta la
storia del calcio ma è virtuosamente scomparsa da youtube – spalleggiati dai
tifosi che riuscirono a entrare in campo, la partita fu sospesa, e due
settimane dopo, quando fu rigiocata, il Real vinse 5-0.
Si sono scatenati a Roma perché la birra costa
la metà che nella loro città, e perché hanno evidentemente dentro una violenza
repressa - non tutti gli ubriachi si accaniscono contro la Barcaccia del
Bernini, e gli altri monumenti che incontrano sulla strada. Succede negli Stati
bene ordinati, di accumulare cariche di violenza. Ma, di nuovo, non lo
farebbero a Berlino, o a Londra. Gli è
capitato di giocarvi, ma non lo hanno fatto. Lo fanno a Roma perché lo
ritengono un loro diritto, come il feudatario che poteva pisciare ovunque.
C’è molto di non detto in questo
europeismo-nordismo. Che forse non è razzismo, parola proibita, ma sicuramente
è prepotenza. Il governo olandese si è detto dispiaciuto per
la Barcaccia, ma tratterà i romanisti
nella partita di ritorno con durezza. L’Italia deve sopportare la violenza
urbana, e l’oltraggio ai monumenti, c’è solo mancato che ci facessero la pipì, e
in più il pugno duro contro gli italiani – a scopo preventivo, certo. L’Europa
è questa.
Aspromonte
Il viaggio nelle acque è la prima tappa del’“Itinerario
italiano” di Alvaro, lo scrittore dell’Aspromonte. La Montagna vede popolata da
gente che va in cerca delle sorgenti. D’inverno e d’estate, perché “i luoghi
della sorgenti cambiano di anno in anno”. Il padre proprio vede, pensionato
giovane, occuparsi a cercare l’acqua: “Mio padre si disfece della vigna e dell’orto
che ancora lo tenevano legato alla terra, e così non aveva più niente a cui
pensare, perché anche avevamo trovato mondo. Allora si mise a esplorare con
diligenza la terra intorno, pensando sempre all’acqua, la più buona, la più
fresca, la più pura”.
“La religione dell’acqua”, la chiama Alvaro. È
la elegge a connotazione del popolo della
Montagna. Anzi dei calabresi in genere, è il loro segno distintivo: “Noi siamo
di quel popolo che in guerra chiamava “Acqua Acqua”, e questo grido di certe
notti se lo ricordano ancora quelli che ci stavano di fronte. Chi ci vuole
riconoscere, ci guardi in viaggio se ci affacciamo al finestrino per osservare
un getto d’acqua, un torrente, un rivo, L’acqua corre, l’acqua è la vita”. Gli manca
“l’acqua è materna” – altro suo grande tema, peraltro, la maternità (dapprima
declinato al maschile, la paternità, ma sempre nell’alveo familiare).
Come
“l’aria dell’Engadina” in Montale – ora in “Ventidue prose elvetiche, p. 74:
l’aria è “secca, elettrica, eccitante, sottile, che favorisce la pazzia”.
Campi di
lavanda, di erica, timo, genziana, appena su per Grasse e Vence. I due
Aspromonti si somigliano per i colori, e per il mare sempre alle spalle, si sente
dall’aria, dalla luce. Anche nell’abbandono. Facce scure, d’oltre Mediterraneo,
sudano e forse non apprezzano. Ma la Provenza è integra e non irritabile. Non
ha la mafia.
Se la luna ha l’alone è tempo di scirocco, e il
Montalto vede nitidi i mari che circondano la penisola. Sulla cresta del monte il
sole appare all’improvviso - sfidando il rimboschimento della Forestale che
vorrebbe occultarlo. Noi lo vediamo riflesso a Occidente. Si srotola da un rosa
violato all’argento, man mano che sale sull’orizzonte, passando verso i colori
più freddi, arancio, giallo, verdino, celeste in un silenzio da sogno. Si
fermano anche le fronde, assorti i tre mari. Il Tirreno è blu, lo Jonio
siciliano è grigio, schiumoso lo Jonio greco. È questo il “mare colore del vino”
di Omero. Visto dall’alto all’alba, dal nostro versante, tirrenico, e immagino
al tramonto da quello greco, nei giorni lunghi dell’estate, prende un colore
rossastro, omogeneo fino alla linea dell’orizzonte. Una robusta colazione, con
cibi forti e vino, dopodiché si può scendere a rotta di collo – ora anche in
suv – nell’orrido che porta al santuario di Polsi e verso San Luca e lo Jonio,
oppure ritornare ai nostri piani, Cannavi, Carmelia.
Se la luna ha l’alone ci lega alla Grecia anche
nella natura. Lo stesso secolo vedeva Arato nel III secolo nei “Fenomeni”: “Se
l’alone è uno solo, pronostica vento e tempo buono”, cioè trasparente.
leuzzi@antiit.eu
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