Un
debole, soggiogato dall’establishment militare-industriale?
Un traditore? O un incapace? La guerra bestiale in corso in Medio Oriente, allo
snodo che si direbbe cruciale fra Turchia, Siria e Iraq, e quella europea in
Ucraina, sono state però da lui costruite passo dopo passo.
Un
terzo fronte ha aperto in Libia, che poteva e potrebbe diventare devastante se
Tunisia e Egitto, paesi urbani, non reggessero. E un quarto ha consentito che
si formasse, con armi e soldi sauditi, in Nigeria. Con una certa accortezza: le
aree scelte sono tutte tribali, Ucraina compresa, non riconducibili cioè alla
diplomazia, alla ragione politica.
Non
si può fare colpa a Obama del fanatismo mussulmano, ma in larga misura colpevole
lo è. Dell’Ucraina lo è tutto: è una guerra che ha suscitato dal nulla, e ora
ci impone. Come del resto su tutti gli altri fronti: lui li apre, ma fa poco o nulla,
giusto quanto basta a coinvolgere gli altri, cioè gli europei.
Un
modo di fare che potrebbe essere una strategia: fomentare le guerre non per
vincerle ma per tenere aperti i fronti. Guerre lontane naturalmente dagli Usa. È
quello che ha voluto in Afghanistan e Iraq, guerre che ha ereditato, è vero, ma
ha condotto per sei anni senza vigore e senza alcuna intenzione di risolverle –
una proposta, un’idea, un accorgimento.
L’Obama
mussulmano era propaganda dei suoi avversari repubblicani. Lui è come se ne fosse
giovato per mettere sotto scacco mezzo Occidente.
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