Si
riapre con disagio. Il “pastore dell’essere” non è più un’ombra vagante
incerta, ma semmai di un astuto imbonitore. Si scoprono anche falle in ogni
dove. Magari non volute, chissà, ma quanta voglia, più o meno subconscia, di
nazismo, anche camuffato da comunismo.
Anche
perché Hitler è vivo e combatte insieme a noi. Seppure Heidegger non non fosse
hitleriano, una parte di colpa ora ce l’ha. Senza uccider più gli ebrei, che
cafonaggine – gli ebrei che non esistono, non hanno un Baden. Non si sa se
complimentarsi che la filosofia, e una ardua, circoli in edizione di massa, seppure
non divulgativa – la nuova traduzione e la nuova presentazione, di Alfredo Marini, non semplifica e anzi accresce l’esoterismo.
Il “si”
impersonale non commuove più, suona sinistra anticipazione della comunità di
destino. Volgare, prima che cattivo, esito di una forma di nazionalismo,
esclusiva, aggressiva. E il "sì" preannuncia, come accettazione, ma non si dice di che. Anche l’inautenticità suona sinistra e il senso della
colpa: storicizzate, da figli della sconfitta. E il linguaggio enigmatico una
copertura. Non è così, ma l’induzione è forte.
Martin
Heidegger, Essere e tempo, Oscar,
pp. XL-614 € 12
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