È l’opera di una economista, esperta dell’economia del terrorismo,
con una lunga serie di pubblicazioni (“Terrorismo S.p.A, già nel 2005, "Economia canaglia", 2008, - questo “Isis”
è ritradotto dalla prima edizione angloamericana, “The islamist Phoenix”),
consulente di molti servizi segreti, collaboratrice di “Repubblica” e del
“Fatto Quotidiano”. A lei si deve, purtroppo isolata, l’unica ripresa di un
tema che questo sito periodicamente deve proporre, avendo conoscenza diretta
della penisola arabica: il finanziamento e l’armamento del terrorismo islamico
da parte dei principati della penisola e degli Usa. Da parte dei regni e gli
emirati cioè più corrotti, da tutti i punti di vista, compreso quello islamico
tradizionalista (non sono buoni mussulmani), e i soli nel mondo arabo immuni al
terrorismo. Non per una presumibile
efficienza delle polizie segrete, che nei loro vasti deserti sono inutili. Per
il controllo tribale, e per la disponibilità inesauribile di capitali, grazie
al caro petrolio.
Qui però Napoleoni non dice l’essenziale: la capacità mediatica,
o meglio la disponibilità dei media a qualsiasi avventura, meglio se
estremista. Che fortemente sopravvaluta le forze in campo. Le decapitazioni,
per esempio, così tremendiste, che poi si risolvono con l’abbattimento dei decapitatori,
Ben Laden incluso. I volontari, altro caso: sono tanti, sono troppi? Sono
culturisti, poeti in erba, misteriosofi, e ragazzette sceme, di Bologna,
Parigi, Londra, la provincia remota della Spagna. Spiriti deboli, fantasmatici.
È in atto un tentativo, più o meno serio, di restaurazione di un califfato
assassino, o questa è una riedizione del Vecchio della Montagna – il “Veglio”
di Marco Polo? Del tremendismo tardomedievale che doveva eccitare la
cristianità alle crociate. Dobbiamo effettivamente avere paura, o solo armarci
di paura? Ci sono aziende specializzate negli Usa perr recuperare i video Is
che altrimenti andrebbero dispersi nella vasta rete e riproporceli in tv - ripetitivi, abbelliti, ben tagliati e
cololrati.
Ma, poi, sono gli isisti stessi
veramente armati e temibili, anzi imbattibili? La loro attività è più mediatica
che militare: scenografie, sceneggiature, filmati, in bei colori, aggressivi,
bene illuminati. Anche come tempo, non
lo troverebbero per combattere, con tutte queste attività mediatiche. Si dice
che siano bombardati dai volenterosi anti-Is, una cinquantina di paesi, di più,
sessanta, ma non ne sappiamo nulla. Si dice che i curdi – Kirkuk è area curda –
siano armati da questi volenterosi, ma non è vero niente: i curdi sono soli,
osteggiati da tutti, da Turchia, Iraq, Siria, e anche dall’Iran, che non
vogliono rimettere in discussione le frontiere strappate un secolo fa, alla
fine della grande guerra e dell’impero ottomano. Mentre è bastata un’incursione
aerea egiziana per cancellare l’Is da Derna in Libia. Non di uno stormo di
bombardieri, ma di una mezza squadriglia di caccia, e non di bombardieri, di aerei cioè che
portano due o quattro bombe ognuno, e le sganciano a caso, e questo è stato
tutto il bombardamento. Così come è bastato un giorno d’impegno dell’aviazione
giordana, per rimettere la museruola all’Is-madre dell’Iraq, che ci ha messo
tre settimane per proporre altre decapitazioni..
Quanto al petrolio di cui
Napoleoni fa grande caso, avendo in teoria l’Is conquistato la zona petrolifera
settentrionale dell’Irak: il petrolio non è un lingotto in cassaforte. Loretta
Napoleoni produce da tempo studi sul finanziamento del terrorismo attraverso la
vendita del petrolio. Anche prima che l’Is si impossessasse della zona
petrolifera a nord dell’Iraq, attorno a Kirkuk. Ma non è così semplice. Né
estrarre il petrolio, né pomparlo a qualche porto d’imbarco o oleodotto
funzionante, le stazioni di pompaggio sono delicate, semiraffinarlo, trovare
acquirenti, farsi pagare. Tanto più che l’Is occupa e non controlla la zona di
Kirkuk.
L’altra fonte d’approvvigionamento di
armi e munizioni sarebbe stato l’esercito siriano. Che però è in gran parte con
Assad. E le armi, soprattutto quelle catturate in battaglia, hanno bisogno di
molta manutenzione, non vanno a baldanza. E più i carri armati, congegni
delicatissimi, a cominciare dai cingoli, la parte meno sofisticata: sono mezzi
di cui l’arte militare dà per scontato che, nelle migliori condizioni di
mantenimento, un terzo sia ogni giorno inutilizzabile, e non sono mezzi da
trasporto, sono da battaglia campale, vanno trasportati su gomma al luogo di
battaglia.
Napoleoni parte da una connotazione positiva di
rivoluzione. Apparentando l’attrattiva dell’Is a quella a suo tempo del
khomeinismo. Che ci fu, seppure non eversiva allo stesso modo dei jihadisti. Ma
è una rivoluzione senza sbocco, e non avendo esiti positivi è destinata a
implodere, un grumo nella storia. È una rivalsa, che dura in quanto tale. Di
gente, nel caso del jihadismo, nemmeno di fede né di cultura, come era ed è il
caso dell’Iran. Dove peraltro il khomeinismo è finito presto come fatto
rivoluzionario Non ha saputo adattare il diritto, e in genere la modernità,
alla tradizione, come ambiva. E si è isolato nel mondo atabo e islamico, quasi
un mondo estraneo, e nell’Asia che non conosce. Più che nell’Occidente che
vitupera e al quale però per molti aspetti appartiene. Mentre l’Is raccoglie
sbandati. In attesa di proporsi, come i suoi finanziatori-protettori arabi
progettano, come forza reazionaria, di stabilizzazione della reazione al
coperto della tradizione.
C’è una sopravvalutazione. Molto “occidentale”, da
cultura della crisi, post o neo marxista – una sopravvalutazione è anche
necessaria per colpire meglio… Che nasce in Loretta Napoleoni dichiaratamente
dalla sopravvalutazione dell’intento di libertà del fondamentalismo islamico.
La studiosa ne rileva il settarismo e anche il razzismo, ma ne parla in termini
di “una nazione governata dall’onore, una società allo stesso tempo
contemporanea e perfettamente in armonia con la Tawdid, l’unità dei fedeli ordinata da Dio”. Una “nazione
idealistica”. Che “non soltanto offre ai mussulmani la liberazione da secoli di
umiliazione, ma rappresenta anche l’utopia
politica sunnita per il
Ventunesimo secolo”. Di più, un miracolo: “Un potente edificio filosofico che
per secoli gli studiosi hanno cercato, invano, di far nascere”. L’Is è più
perfetto, se non quasi perfetto, per “la sua modernità e il suo pragmatismo”,
più dei Talebani e di Al Qaeda. E “riscatta dall’umiliazione i compagni di
fede”. Da quale umiliazione?
L’Occidente Napoleoni vede indebolito, e anzi
evanescente, nella globalizzazione, anche se non lo sa. Mentre “la leadership
dell’Isis non solo ha intuito questa verità, ma l’ha metabolizzata”. E uno non
sa che pensare: la globalizzazione non è occidentale? Compresi i “ricchi
sponsor del Golfo”, patroni, ispiratori e finanziatori dell’Is.
Si può anche concludere con la studiosa che, “mirando a
un cambiamento di regime in Siria, paesi come il Kuwait, il Qatar l’Arabia Saudita hanno attivamente foraggiato
una pletora di organizzazioni armate, delle quali l’Isis è soltanto una”. Ma
l’opinione pubblica occidentale è un’altra, seppure non armata: un giornalismo imbelle
o debole, che subisce il fascino delle ricchezze esibite, nell’indigenza, della
penisola arabica, tra grattacieli e affarismo. Un paese come l’Italia avrebbe
più titoli delle “masse islamiche” dell’Is a cercare il riscatto da queste
umiliazioni. Se non altro perché, con
queste guerre “islamiche”, è costretta a pagare il petrolio e il gas da cinque
a dieci volte più caro del dovuto.
Loretta Napoleoni, Isis,
lo Stato del terrore, Feltrinelli, p. 144 € 13
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