martedì 24 febbraio 2015

Il ritorno del Vecchio della montagna

È l’opera di una economista, esperta dell’economia del terrorismo, con una lunga serie di pubblicazioni (“Terrorismo S.p.A, già nel 2005, "Economia canaglia", 2008, - questo “Isis” è ritradotto dalla prima edizione angloamericana, “The islamist Phoenix”), consulente di molti servizi segreti, collaboratrice di “Repubblica” e del “Fatto Quotidiano”. A lei si deve, purtroppo isolata, l’unica ripresa di un tema che questo sito periodicamente deve proporre, avendo conoscenza diretta della penisola arabica: il finanziamento e l’armamento del terrorismo islamico da parte dei principati della penisola e degli Usa. Da parte dei regni e gli emirati cioè più corrotti, da tutti i punti di vista, compreso quello islamico tradizionalista (non sono buoni mussulmani), e i soli nel mondo arabo immuni al terrorismo. Non  per una presumibile efficienza delle polizie segrete, che nei loro vasti deserti sono inutili. Per il controllo tribale, e per la disponibilità inesauribile di capitali, grazie al caro petrolio.
Qui però Napoleoni non dice l’essenziale: la capacità mediatica, o meglio la disponibilità dei media a qualsiasi avventura, meglio se estremista. Che fortemente sopravvaluta le forze in campo. Le decapitazioni, per esempio, così tremendiste, che poi si risolvono con l’abbattimento dei decapitatori, Ben Laden incluso. I volontari, altro caso: sono tanti, sono troppi? Sono culturisti, poeti in erba, misteriosofi, e ragazzette sceme, di Bologna, Parigi, Londra, la provincia remota della Spagna. Spiriti deboli, fantasmatici. È in atto un tentativo, più o meno serio, di restaurazione di un califfato assassino, o questa è una riedizione del Vecchio della Montagna – il “Veglio” di Marco Polo? Del tremendismo tardomedievale che doveva eccitare la cristianità alle crociate. Dobbiamo effettivamente avere paura, o solo armarci di paura? Ci sono aziende specializzate negli Usa perr recuperare i video Is che altrimenti andrebbero dispersi nella vasta rete e riproporceli in tv -  ripetitivi, abbelliti, ben tagliati e cololrati.
Ma, poi, sono gli isisti stessi veramente armati e temibili, anzi imbattibili? La loro attività è più mediatica che militare: scenografie, sceneggiature, filmati, in bei colori, aggressivi, bene illuminati.   Anche come tempo, non lo troverebbero per combattere, con tutte queste attività mediatiche. Si dice che siano bombardati dai volenterosi anti-Is, una cinquantina di paesi, di più, sessanta, ma non ne sappiamo nulla. Si dice che i curdi – Kirkuk è area curda – siano armati da questi volenterosi, ma non è vero niente: i curdi sono soli, osteggiati da tutti, da Turchia, Iraq, Siria, e anche dall’Iran, che non vogliono rimettere in discussione le frontiere strappate un secolo fa, alla fine della grande guerra e dell’impero ottomano. Mentre è bastata un’incursione aerea egiziana per cancellare l’Is da Derna in Libia. Non di uno stormo di bombardieri, ma di una mezza squadriglia di caccia,  e non di bombardieri, di aerei cioè che portano due o quattro bombe ognuno, e le sganciano a caso, e questo è stato tutto il bombardamento. Così come è bastato un giorno d’impegno dell’aviazione giordana, per rimettere la museruola all’Is-madre dell’Iraq, che ci ha messo tre settimane per proporre altre decapitazioni..
Quanto al petrolio di cui Napoleoni fa grande caso, avendo in teoria l’Is conquistato la zona petrolifera settentrionale dell’Irak: il petrolio non è un lingotto in cassaforte. Loretta Napoleoni produce da tempo studi sul finanziamento del terrorismo attraverso la vendita del petrolio. Anche prima che l’Is si impossessasse della zona petrolifera a nord dell’Iraq, attorno a Kirkuk. Ma non è così semplice. Né estrarre il petrolio, né pomparlo a qualche porto d’imbarco o oleodotto funzionante, le stazioni di pompaggio sono delicate, semiraffinarlo, trovare acquirenti, farsi pagare. Tanto più che l’Is occupa e non controlla la zona di Kirkuk.
L’altra fonte d’approvvigionamento di armi e munizioni sarebbe stato l’esercito siriano. Che però è in gran parte con Assad. E le armi, soprattutto quelle catturate in battaglia, hanno bisogno di molta manutenzione, non vanno a baldanza. E più i carri armati, congegni delicatissimi, a cominciare dai cingoli, la parte meno sofisticata: sono mezzi di cui l’arte militare dà per scontato che, nelle migliori condizioni di mantenimento, un terzo sia ogni giorno inutilizzabile, e non sono mezzi da trasporto, sono da battaglia campale, vanno trasportati su gomma al luogo di battaglia.
Napoleoni parte da una connotazione positiva di rivoluzione. Apparentando l’attrattiva dell’Is a quella a suo tempo del khomeinismo. Che ci fu, seppure non eversiva allo stesso modo dei jihadisti. Ma è una rivoluzione senza sbocco, e non avendo esiti positivi è destinata a implodere, un grumo nella storia. È una rivalsa, che dura in quanto tale. Di gente, nel caso del jihadismo, nemmeno di fede né di cultura, come era ed è il caso dell’Iran. Dove peraltro il khomeinismo è finito presto come fatto rivoluzionario Non ha saputo adattare il diritto, e in genere la modernità, alla tradizione, come ambiva. E si è isolato nel mondo atabo e islamico, quasi un mondo estraneo, e nell’Asia che non conosce. Più che nell’Occidente che vitupera e al quale però per molti aspetti appartiene. Mentre l’Is raccoglie sbandati. In attesa di proporsi, come i suoi finanziatori-protettori arabi progettano, come forza reazionaria, di stabilizzazione della reazione al coperto della tradizione.
C’è una sopravvalutazione. Molto “occidentale”, da cultura della crisi, post o neo marxista – una sopravvalutazione è anche necessaria per colpire meglio… Che nasce in Loretta Napoleoni dichiaratamente dalla sopravvalutazione dell’intento di libertà del fondamentalismo islamico. La studiosa ne rileva il settarismo e anche il razzismo, ma ne parla in termini di “una nazione governata dall’onore, una società allo stesso tempo contemporanea e perfettamente in armonia con la Tawdid, l’unità dei fedeli ordinata da Dio”. Una “nazione idealistica”. Che “non soltanto offre ai mussulmani la liberazione da secoli di umiliazione, ma rappresenta anche l’utopia politica sunnita per il Ventunesimo secolo”. Di più, un miracolo: “Un potente edificio filosofico che per secoli gli studiosi hanno cercato, invano, di far nascere”. L’Is è più perfetto, se non quasi perfetto, per “la sua modernità e il suo pragmatismo”, più dei Talebani e di Al Qaeda. E “riscatta dall’umiliazione i compagni di fede”. Da quale umiliazione?
L’Occidente Napoleoni vede indebolito, e anzi evanescente, nella globalizzazione, anche se non lo sa. Mentre “la leadership dell’Isis non solo ha intuito questa verità, ma l’ha metabolizzata”. E uno non sa che pensare: la globalizzazione non è occidentale? Compresi i “ricchi sponsor del Golfo”, patroni, ispiratori e finanziatori dell’Is.
Si può anche concludere con la studiosa che, “mirando a un cambiamento di regime in Siria, paesi come il Kuwait, il Qatar  l’Arabia Saudita hanno attivamente foraggiato una pletora di organizzazioni armate, delle quali l’Isis è soltanto una”. Ma l’opinione pubblica occidentale è un’altra, seppure non armata: un giornalismo imbelle o debole, che subisce il fascino delle ricchezze esibite, nell’indigenza, della penisola arabica, tra grattacieli e affarismo. Un paese come l’Italia avrebbe più titoli delle “masse islamiche” dell’Is a cercare il riscatto da queste umiliazioni. Se non altro perché, con queste guerre “islamiche”, è costretta a pagare il petrolio e il gas da cinque a dieci volte più caro del dovuto.
Loretta Napoleoni, Isis, lo Stato del terrore, Feltrinelli, p. 144 € 13

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