All’improvviso
il governo italiano ha scoperto la Libia, e vuole farci una guerra. Non mandare
truppe peacekeeping, come è abituato
a fare, trincerate nei campi e iperprotette dall’aviazione Usa, giusto per il
lustro. No, truppe in linea e al fronte, contro un nemico che ha artiglieria,
missili, e la ferma determinazione di uccidere o morire. Mandandoci contro
cinquemila uomini.
Sarebbe
stupidità se non fosse dilettantismo. Ma la cifra di cinquemila uomini
dev’essere stata fornita ai ministri Pinotti e Gentiloni dalle forze armate, e
questo è già preoccupante. Generali che non sanno di non avere truppe
addestrate al combattimento, anche se le chiamano d’élite per la parate. E un
esercito che non fa guerre da settant’anni.
In
più, assurdo nell’assurdo, c’è l’azione collettiva Onu: l’Italia vuole avere il
coordinamento delle operazioni. Ma gli interventi Onu non sono operativi, a
meno che per Onu non s’intenda Usa – e allora sono guerre vere, senza regole
d’ingaggio da vecchia cavalleria e campi trincerati dove nascondersi. Pensare
che il contingente olandese, inglese, norvegese, magari pure francese, e quello
egiziano, tunisino, algerino, si mettano al comando di un generale italiano
senza esperienza con cinquemila uomini, di che stiamo parlando? La guerra come burocrazia, uno scambio di scartoffie?
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