L’ipermondo
di oggi è il mondo immaginario del Medio Evo. Né più né meno: altrettanto
ignorante. Senza più storia né geografia. Anche perché non c’è più né tempo né
luogo. Segnalato da Roberto Balzani sul “Sole 24 Ore” ieri, questo manifesto è
una lettura euforizzante, benché sconsolata.
Armitage
è uno storico delle idee, moderne e contemporanee, a Harvard. Guldi è una studiosa
della Brown University a Providence, specialista della politica economica in
Gran Bretagna nell’Otto-Novecento. Sotto accusa è lo short-termism del pensiero unico, o del mondo del mercato che
viviamo - “Uno spettro si aggira per il nostro tempo: lo spettro del breve termine”, il saggio si apre con questa citazione -parafrasi. Che si applica a tutte le esperienze, di vita e culturali, del
Millennio, e porta all’iperspecializzazione della ricerca.
Armitage
ricorda all’inizio del nuovo indirizzo le microstorie della storiografia italiana,
in particolare di Carlo Ginzburg, che ne fu anche teorico. Che però si contestualizzavano:
prendevano significato dai contesti, accuratamente ricostruiti. Mentre oggi la
storia si risolve in microstoria, fine a se stessa. Proprio oggi che i dati
sono disponibili in grandi numeri, ed elaborabili con estrema facilità,
rispetto all’atro ieri. Anche le trasformazioni sono grandiose: la
globalizzazione, l’avvento dell’Asia, il travaglio dell’Europa, i moti
migratori, le insorgenze egualitarie (sessuali, di genere, sociali), l’animalismo,
il buco dell’ozono, se c’è. Ma la ricerca si vuole particolare, specialistica.
Anche perché l’accademia non vuole o non può investire – formare, aspettare, approfondire.
E si arriva alla “dotta ignoranza”. Alla perdita della memoria.
Jo Guldi-David Armitage, The History Manifesto, Cambridge
University Press, pp. 166, free online
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