domenica 22 febbraio 2015

La verità della Jihad

La verità sui jihadisti è che non ne sappiamo niente. Eccetto le teste mozzate. E le ragazze sedotte e abbandonate, da riscattare purtroppo a caro prezzo, come ai tempi della pirateria, a Bologna come a Parigi e a Londra. In aggiunta a un paio di migliaia di altre teste forti. Per il resto abbiamo solo tweet, alcuni fantasiosi, specie quello specializzato su san Pietro e il Colosseo. Opera sicuramente di qualche consulente italiano, di informatica e di terrorismo.
C’è molta Madison Avenue in questa offensiva. Che è molto mediatica, cioè, seppure non brillante – non propriamente da Madison Avenue, ma propagandistica. Si vedono sfilate di camion tutti di un colore, tutti alla giusta distanza, ordinati e puliti, come usava nei film di guerra britannici subito dopo la guerra. E colori segnaletici che non “sbattano” in rete, il rosso-arancione dei condannati, il bianco latte del personale d’ordine. Non una grande coreografia. I soldi comunque si spendono, forniti dai potentati della penisola arabica? .E ci sono consulenti negli Usa, pagati dalla Cia, per evidenziare le immagini in rete dei jihadisti. Utili all’Is per riversare queste immagini su nostri media, per occupare anzi i media, minacciosi per essere ripetitivi. Ma 
Ma, se sono così bene armati, dove prendono le armi? Loretta Napoleoni produce da tempo studi sul loro finanziamento attraverso la vendita del petrolio. Anche prima che l’Is si impossessasse della zona petrolifera nord dell’Iraq, attorno a Kirkuk. Ma non è così semplice. Né estrarre il petrolio, né pomparlo a qualche porto d’imbarco o oleodotto funzionante, le stazioni di pompaggio sono delicate, semiraffinarlo, trovare acquirenti, farsi pagare. La stessa estrazione del petrolio non è come azionare la pompa del pozzo. Tanto più che l’Is occupa e non controlla la zona di Kirkuk.
L’altra fonte d’approvvigionamento di armi e munizioni sarebbe stato l’esercito siriano. Che però è in gran parte con Assad. E le armi, soprattutto quelle catturate in battaglia, hanno bisogno di molta manutenzione, non vanno a baldanza. E più i carri armati e i velivoli, congegni delicatissimi, a cominciare dai cingoli, la parte meno sofisticata – sono mezzi di cui l’arte militare dà per scontato che, nelle migliori condizioni di mantenimento, un terzo sia ogni giorno inutilizzabile.
Ma, poi, sono veramente armati? È bastata un’incursione aerea egiziana per cancellare l’Is da Derna. E uno s’immagina migliaia di bombardieri in volo sulla Cirenaica. No, solo un paio, forse una mezza squadriglia. Di caccia e non di bombardieri, di aerei cioè che portano due o quattro bombe ognuno, e le sganciano a caso, e questo è stato tutto il bombardamento. Così come è bastato un giorno d’impegno dell’aviazione giordana, per rimettere la museruola all’Is-madre dell’Iraq: da allora non riescono più nemmeno a mozzare le teste.
Quelle dell’Is – ma  l’Is stesso – sembrano la guerra di Baudrillard, il sociologo, “La guerra del Golfo non c’è mai stata”. Ma ce la fanno credere

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