Un uomo
semplice, un bravo meccanico, che ha finito il servizio militare e ha ingranato
nel mestiere, si ubriaca festeggiando con gli amici i venticinque anni. La
Legge inflessibile lo condanna al massimo della pena, e poi alla
disoccupazione. Il bravo giovane allora, condannato per anarchia, si fa anarchico.
Se non che i “compagni socialisti” non sono compagni e nemmeno socialisti, ma
ladri, assassini e confidenti di polizia. La Cayenna non sarà lontana, e
l’assassinio un fatto come un altro. Una rete mostruosa per sfuggire alla quale
il brav’uomo si farà schiavo di uno sfruttatore.
Una
storia di errori. E di soprusi, della Legge anzitutto, che come ovunque è in
Conrad inflessibilmente cattiva – marcia o stupida. Nonché dell’anarchia come
violenza, “il cuore caldo e la testa debole”. Uno dei tanti emblemi – i suoi
personaggi sono molto emblematici - del conservatorismo di Conrad (formidabile,
se il più eccessivo di tutti, il Kurtz di “Cuore di tenebra”, fu la lettura di
molto Sessantotto).
È un
Conrad “francese”. Su un canovaccio di Zola, e poi di Anatole Frace, seppure
con la pretesa, scrisse in una nota di presentazione, di riferire “fatti reali”.
Di uno scrittore inglese che pensava in francese – Ford Madox Ford, col quale
avevano prodotto insieme due romanzi, ne disse in morte, il 3 agosto 1924: “Fino
alla morte ha parlato inglese con un accento meridionale francese che lo rendeva
quasi incomprensibile a ogni inglese che non parlasse un po’ il francese:
pensava, me l’ha confessato per l’ultima volta a maggio di quest’anno, sempre
in francese”.
Il
volume è corredato di due racconti, “La bestiaccia”, e “L’ufficiale nero”, di
forze maligne, fantasmatiche.
Joseph
Conrad, Un anarchico, Konroi
Edizioni, pp. 123 € 15
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