È un libro del 1987, quasi in medias res (con un aggiunta del 1998,
sulle fandonie di Ali Agca) che si riedita per vanità d’autore. Fenzi,
letterato prima che terrorista (Emanuele Trevi nella presentazione lo dice “studioso
ed interprete di fama mondiale dei nostri classici, da Dante e Petrarca e Tasso
e Leopardi”), evidentemente ci tiene. Ma non ci dice nulla. A parte il già
noto. Si penserebbe all’“umanità” del terrorista, seppure particolare, ma non c’è:
il narratore è come i cronisti del terrorismo, un po’ increduli un po’, al
fondo, invidiosi.
Non che a Fenzi manchino le pietre d’inciampo:
assassini (Guido Rossa), suicidi, latitanze, arresti. Ma nulla fuori della
prosa d’obbligo. Chi e perche terrorista – parola che non ricorre mai? Boh.
Trevi spiega Fenzi, e le Br, col cardinale de Retz. Fenzi quasi si offende: chi
mi chiede “perché sei diventato brigatista?” mi offende, fa un atto d’inimicizia
– la domanda viene posta perché l’altro non può rispondere. Anche la logica è
come la prosa, d’obbligo. La conclusione dell’aggiuntina è che il terrorismo
era dello Stato – Fenzi l’ha letto “su «OP», il giornale di Pecorelli”. Anche
Alì Agca, nell’aggiunta, ce lo propina per fare un po’ di vittimismo.
Prototipo, anche per essere meglio
scritto, o meglio scritto in proprio, senza aiutini redazionali, della
letteratura reducista del terrorismo. Meglio: della lotta armata. Perché non
c’è nessuna resipiscenza. Di un’esperienza bellicosa vissuta eroicamente. Di un
eroismo professorale, molto piccolo borghese - compiaciuto. Che non arretra
davanti a una guerra insensata: la guerra ha una funzione, il terrorismo
europeo non ne ha avuta nessuna, una forma di estremismo senza capo né coda, solo
sanguinosa. Questa semplice verità ancora non è stata detta.
Il terrorismo europeo anni Settanta fu molto
intellettuale. Erano intellettuali i promotori, i reclutatori, e le reclute, in
prevalenza. Con studi anche avanzati, pubblicazioni, e successiva memorialistica.
In Germania, in Italia, in Grecia, in Francia. In Francia e in Grecia il
fenomeno è stato circoscritto e riassorbito senza tracce. In Germania è stato
cancellato: semplicemente non se ne parla. In Italia si esibisce. Malgrado sia
da tempo – già all’epoca delle Br - subentrata una lettura disincantata, più
aderente al reale, della figura eroica dell’anarchico, fanatizzato, sprovveduto,
manovrato, che fu il progenitore del terroristi, negli scritti di Stevenson, Conrad,
Dostoevskij, Belyi, Némirovsky. Di personaggi di poca e confusa cultura, psicolabili, e
masochisti, pieni di voglia di morte (sacrificio, martirio). Tutte cose note
alla pubblica opinione. Ma non agli “studiosi”? Le Br hano fatto tantissimi
morti, ma il letteratissimo Fenzi sembra non saperlo.
Enrico Fenzi, Armi e bagagli. Un diario delle Brigate Rosse, Costlan, pp. 207 € 9
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