Sono armi di punta e da taglio, ma
quando la storia dell’Africa è stata interrotta, nel Cinquecento, usava ancora
così. C’è comunque una lavorazione elaborata del ferro. E lancieri bardati a cavallo,
entrambi protetti, cavaliere e cavallo, da “armature di maglia d ferro di vari
modelli e diverse fatture, oppure…da un’armatura in tessuto di cotone,
imbottito di kapok e trapuntato”.
Queste mostra sulle “armi africane
antiche” era stata molti anni fa un tentativo del Museo Pigorini di estrarre dalla
polvere alcuni dei suoi tanti tesori ammassati – solo di armi, ha “oltre 4 mila
reperti”. Finito nel nulla, e ora i bookshop Civita ne regalano la
brochure-catalogo. L’Italia ha nel frattempo accolto due-tre milioni di
africani sub-sahariani, somali, eritrei, senegalesi, nigeriani, ghanaiani etc.,
due terzi dei quali li ha naturalizzati, ma non pensa che la cosa possa
interessare, parlare del’Africa, della storia dell’Africa. Non solo il
Pigorini. L’Istituto Italo-Africano – museo e biblioteca – si è fermato a cinquant’anni
fa, alla decolonizzazione. Fuso peraltro, per risparmiare le spese di portierato?, con l’Ismeo, l’Istituto per il Medio e Estremo Oriente - cheora vanno entrambi in liquidazione.
Lo
splendore del guerriero, “Le armi africane antiche del museo Pigorini”, pp.
25 ill. € 2
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