Confessione – È genere romantico,
data dalle “Confessioni” di Rosseau, ed è una forma di narrativa. In precedenza
era di altra natura, con effetti incisivi sulla riflessione. Quelle di S. Agostino
fanno parte dell’esperienza religiosa, dove l’introspezione è necessaria. Montaigne
si guarda poco, e sempre come reperto, in forma analitica, critica.
Il proliferare contemporaneo del genere,
fino alla forma istantanea del selfie,
è prova che la contemporaneità è sempre romantica. Magari in fine di ciclo:
alla fine i movimenti sono scomposti.
Globalizzazione – Ha scosso tutte le sociologie delle religioni, e del capitalismo,
di cui la Germania ci ha afflitto per oltre un secolo, Max Weber, Sombart, Simmel
– nel quadro, si può aggiungere, di una religione intesa asfitticamente, da
Marx come da Durkheim (entrambi nati in famiglie ebraiche), e dallo stesso
Weber. La globalizzazione, cioè
l’apertura dell’“Occidente”, la più grande area di produzione e consumo del
mondo, alle importazioni libere: niente di più.
Sombart,
e in fondo lo stesso Marx prima e Simmel dopo, riconducevano il capitalismo –
ne facevano colpa – all’ebraismo (Bibbia compresa, dove non se ne trova una
virgola). Max Weber all’“etica protestante”. In un primo tempo (“L’etica
protestante e lo spirito del capitalismo”) al pietismo nell’ambito del
luteranesimo – il luteranesimo vicino alla pratica e alla sensibilità
cattoliche. In un secondo momento (“Le sette protestanti e lo spirito del
capitalismo”) al calvinismo, meglio ancora nella sua derivata puritana.
Molte
pagine lo stesso Weber ha consacrato alla “mentalità” religiosa cinese,
indiana, giapponese etc., confessando però di saperne poco: il confucianesimo è
burocrazia, l’induismo sacerdozio, etc. Nell’introduzione alla raccolta weberiana
“La sociologia della religione” dieci anni fa lo stesso ordinatore, Pietro
Rossi, era in dubbio:
“Se in un determinato ambito storico la religione si è rivelata la premessa
indispensabile della specifica mentalità del capitalismo moderno, è lecito
presumere che altrove essa abbia esercitato una funzione analoga oppure, al
contrario, abbia impedito l’affermarsi di forme di economia capitalistica”.
Cioè: chi se ne frega?
Innocenza – È vittima da ultimo – da un buon quarto di secolo – della
trasparenza. Che in questa età della trasparenza significa solo il denudamento
dell’individuo per lasciarlo inerme al mercato, un’operazione commerciale
subdola: lo sfruttamento dell’innocenza. Il problema è: quanto consenzienti?
Ma
non solo. Si prenda la pretesa trasparenza dello Stato, della politica, delle
banche, della coppia, della comunicazione, della giustizia. Non c’è nulla di più segreto di questa trasparenza:
artefatta, ambigua, traditrice. Di meno
sincero, amorevole, non aggressivo, del dirsi tutto. Di meno vero delle
intercettazioni, selettive e manipolate. Di più oscuro della comunicazione.
Avviene
quando le cose non avvengono ma sono
fatte avvenire. Se non nel fatto, nella loro presentazione e significanza. L’agente (le cause, i moventi, i modi) è l’ermeneuta
della cosa, e quindi ne è la sostanza. Anche nella forma volgare dei “cui
prodest”.
Non ci
sono cose vergini: conoscenze,
confidenze, trasparenze, intercettazioni (anche di uno sguardo, una pausa, una
bugia a fin di bene, una trascuranza, una nota sbagliata). Ma è diverso il caso
in cui ci si appropria della verginità.
Mai la privacy è stata così
calpestata come in questa epoca di trasparenza, di autorità garanti, di informazione
libera per tutti, universale, istantanea. Anche per una voglia di esibirsi -
denudarsi, esporsi – liberata e nobilitata. È una merce. Materia d affari,
anche nella giustizia.
Letteratura – È teatrale, sempre. Per natura, quindi? Nel senso che è
appoggiata, atteggiata. Anche quando si vuole senza stile – è lo stile del non
stile. La narrazione è un calco, la buona narrazione un calco sapiente, ed è
sempre una rappresentazione, un teatrino senza scene, luci, costumi. L’azione,
anche la meno elaborata o approfondita, incide, scuote, Sofocle e Sade no.
Anche la filosofia incide direttamente sulla realtà, il pensiero. La parola non
è sempre inerme – la stessa politica è parola. Letteratura però non si dà se
non trasfigurando la realtà, gli eventi.
Questo
spiega in buona misura l’inattendibilità o inaffidabilità dell’intellettuale,
al fondo sempre un letterato, nella vita politica e pratica, dell’uomo della
parola.
Psicoanalisi - È un’estensione,
storicamente e geneticamente, del positivismo. Un’espansione enorme, per l’intimidazione
che legalizza. Pena il rifiuto dela verità, nientemeno. Ogni persona perbene è
un delinquente potenziale - molti santi lo furono di fatto. Ergo. Ma
bisogna sublimare? Oppure no, è un tradimento della verità della cosa? Quanti,
soprattutto donne, avrebbe potuto uccidere Freud? Magari con competenza, giusto
per sé.
Puritanesimo – “Solo
l’etica razionale puritana orientata in senso ultramondano ha realizzato compiutamente e coerentemente il
razionalismo economico intramondano”.
Ciò Weber definisce “un paradosso” nella sua contestabile “Sociologia delle
religioni”, mentre ne rileva tutti i presupposti per evidenziare
l’appropriazione del divino a scopo di commercio – l’etica “razionale” che
“coerentemente” fa divini i propri interessi
(“il razionalismo economico intramondano”).
Religione – Se ne
accetti l’analisi d Max Weber, come della mondanizzazione della divinità. Come
apparato, stregonesco. Anche mistica, e aperta alla (succube della) grazia, ma
un’organizzazione del sovrumano a immagine e uso del mondo. I non credenti
allora sono anch’essi a loro modo religiosi. Dialetticamente, e nell’uso del
tempo, del pensiero, della parola. L’areligiosità è agnostica, di un agnosticismo
di fatto, irriflesso. Il “vivere come bestie” di Dante, che non necessariamente
è “bruto”.
zeulig@antiit.eu
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