Autobio – È una ricerca
o professione di fede? È nello stadio religioso del cammino della
vita che “l’io coincide con se stesso”, Kierkegaard da tempo l’ha scoperto: si
diventa se stessi superando dubbi e angosce nella fede.
Se
non è parte della generale presa di possesso - pur in mezzo alla celebrazione
del furto contro la proprietà. È il tesoro dei poveri, certo, l’io misirizzi,
che Eraclito vuole “demone dell’uomo”, il genere prolifera in quanto possesso
di se stessi. Ma nell’epoca in cui l’io si disintegra, secolarizzato.
Bellezza - È bella
in quanto non legata al
possesso, solo ai sensi, la vista, l’olfatto, l’udito – già Omero lo spiega. Il
possesso vero essendo non delle cose ma delle anime, cioè del corpo. La
bellezza per questo resta intatta al diavolo e ai santi, o alle ninfe, il
possesso è carico d’ignoto, è una sfida che si rinnova.
Corpo – Non c’è
spirito senza, evidentemente. Lo spirito ne è anzi un sesto senso – seppure non
legato a un organo preciso, con una funzione precisa: si può dire lo spirito il
senso di tutto il corpo. Con varie articolazioni a sua volta funzionali, come
quelle che i sensi assicurano al corpo: memoria, sentimento, desiderio,
fantasia, curiosità. Di cui dovrebbe essere possibile tracciare la chimica. O
forse no.
Dio – Morendo,
ha ristretto gli spazi, non li ha ampliati.
Figli – Se hanno
una famiglia, è per soffrire. Anche nel migliore dei rapporti. Nell’età dell’obbedienza
passiva, e poi dopo, anche nel più autonomo dei rapporti.
Senza la
famiglia è lo stesso. Ma non necessariamente. È sempre una condizione di
dipendenza, ma non obbligata – non più dopo la nascita.
Freud – “Il grande problema che non è mai stato risolto, e che io non sono ancora
stato capace di risolvere nonostante i miei trenta anni di ricerca sull’anima
femminile, è: che cosa vuole una donna?” E un uomo? Si può limitare Freud in
molti modi, per molteplici aspetti. Ma non così rudemente come lui stesso fa.
Intenzione – René
Char, “Lettera amorosa”: “Chi non ha sognato, vagando per il viale delle
città, un mondo che, invece di
cominciare con la parola, debuttasse con le intenzioni?” Le intenzioni senza
causa – originarie: di che fa impazzire E.S.Anscombe, trattatista della “Intenzione”,
e i neo aristotelici.
Matrimonio – Con i figli
è una gabbia. Senza figli è per la coppia nell’ordine
delle cose, le persone sono diverse. Forse incapaci ormai di convivere, gli
spazi si vanno restringendo col progresso, materiale e morale, la casa e la disponibilità
(generosità, empatia), ma non obbligati.
Lui
parla e io parlo, e le nostre parole non si scambiano, dice la Lust di Valéry.
Il quale, nell’“Alfabeto” dell’eros, vede alla lettera O “una figura ordinata e odorante di
giardino”, scossa da “un abisso mobile, in marcia, errante”, in cui “due anime
diverse si muovono separatamente verso la loro somiglianza”. Se non che ognuno
“si tormenta a causa dell’allontanamento interiore del suo altro sé”, e la
somiglianza “se la crea, se la ricrea in sé indefinitamente come supplizio,
facendosela ora troppo cattiva, ora troppo amabile”. Così, “ora troppo odiato,
ora troppo amato, l’amore inquieto
compone e lacera l’immagine”.
Ci
fu un tempo, che Frazer ha esplorato in quattro volumi, in cui l’uomo sposava solo
donne della sua tribù. Per non dire dei faraoni, che sposavano le sorelle. Una volta il coniugio
era necessariamente incesto, ancora Zeus genera Persefone con la madre Rea, e
con la figlia Persefone genera Dioniso.
L’origine
del matrimonio, è evidente, è conservativa: del patrimonio, i figli, le energie
vitali. Come un mercante che, realizzati i suoi colpi, investa in congegni di
sicurezza per proteggersi. Del resto, l’annota già l’Anonimo
di Erfurt, la donna deve scegliere un uomo
inferiore, per mostrarsi di animo nobile e averlo fedele. L’uomo invece deve
salire ai gradi alti, e amare una donna superiore a lui. È facile in queste
verticalizzazioni non centrare l’obiettivo. Benché Camus si accontenti, filosofico:
“Coloro che amano la verità devono cercare l’amore nel matrimonio, l’amore cioè senza illusioni”.
Quello classico, della ragazza vergine,
è triste perché sa di sacrificio umano. Dumas figlio, che fece la poesia delle
puttane, sosteneva che il matrimonio è semplice: “È là soltanto che c’è amore.
L’amore senza stima non va lontano, né in alto”. E al figlio che non aveva
consigliava: “Non è col possesso fisico che si conoscono le donne, una donna
che ha un amante ha sempre qualcosa da nascondergli”. O è al contrario, il
matrimonio serve a copulare: Strindberg lo scrittore aborriva ogni parola di
sua moglie, l’unica donna con
cui scopava con piacere.
Come la carne di tartaruga sa di ogni
tipo di carne, dice Kierkegaard, così il matrimonio - Kierkegaard si mangiava le tartarughe?
Kierkegaard non si sposò per diventare
poeta: “Si è mai sentito di uno che sia diventato poeta a fianco di sua
moglie?”. E si consolava: “È comico che l’alto volo dell’amore finisca sempre,
come le conserve di frutta, alla dispensa; ma è anche più comico che questa
conclusione ne sia la suprema espressione”.
S’incontra costante nei viaggiatori in Oriente
il fascino della donna – nell’Oriente urbano: Il Cairo, la Persia, Istanbul. Di
donne piacevoli perché senza complessi, libere come alle “Mille e una notte”, sensibili,
intelligenti. Non dal diritto, né dalla rivolta, neppure dalla foja, solo dal piacere
mosse, senza sospetti né rivalse. Effetto e origine del sigheh, il matrimonio a tempo, che le rende serene e piene di sé.
Si pensa il sigheh
trucco maschile, e invece sta comodo alle donne, le libera dalla soggezione sessuale
e dalla famiglia. Lo studiavano nei salotti la marchesa di Rambouillet e Madeleine
de Scudéry a Parigi nel Seicento. Perché, inutile girarci attorno, il
matrimonio lo inventò l’uomo per assicurarsi che i figli della donna,
possibilmente maschi, fossero i suoi, in vista dell’eredità, quando il possesso
s’impadronì del mondo.
Rivoluzione – Quella
sociale è – era – una presa di possesso.
“Una presa di possesso” dice Gramsci il Risorgimento. Incarnazione
hegelianamente mediocre della
ragione hegeliana, la ragione della rivoluzione della borghesia.
È possesso
anche la rivoluzione di Heidegger - essere e avere non è solo un
titolo di Gabriel Marcel, se essere è avere. L’essere è se stesso: storia, classe
e Volk-corpo sociale. La fisicità è
l’eterno incomodo del pensiero occidentale, da Kant, e gli altri scozzesi
liberali, ai padri della chiesa. La fisicità eleva e razionalizza il possesso.
E la morte che viene in primo piano esorcizza la violenza, in quanto rivoluzionaria.
La rivoluzione è sovversione, è bene
intendersi. Ma se l’idea rivoluzionaria è di tutti, allora è conservatrice.
Mentre l’idea conservatrice, se le si oppone, sarà rivoluzionaria.
zeulig@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento