L’Europa
- e forse l’Occidente, se Obama vorrà il patrocinio Onu - sbarca in Libia
contro un nemico che ha finanziato e armato. A iniziativa di un presidente
francese ora in disgrazia politica, Sarkozy, limitato e superficiale. Il cui
mentore è però tuttora in attività, Bernard Henri-Lévy, che Sarkozy indusse a
suo tempo alla guerra, celebrando poi la “liberazione” della Libia.
Non
c’è da scandalizzarsi, Lévy rappresenta se stesso. Ma perché tanta
superficialità viene imposta alla pubblica opinione? Specie quando si tratta di
una guerra vera, dove si uccide e si viene uccisi. Per sanare una situazione
insostenibile che si è voluta creare. E ancora di recente si è voluta
alimentare, non sostenendo il generale Haftar, anti-Is.
È una
deriva del giudizio critico che fa il paio col più generale impulso al
radicalismo islamico che l’Occidente ha voluto dare nell’ultimo quarto di secolo.
Gli Usa per primi, coi loro vassalli della penisola arabica, ma anche gli europei,
che più di ogni altro vi sono esposti, i servizi francesi e inglesi, i presidenti
francesi Sarkozy e Hollande. Un
patrocinio che non ha nemmeno garantito l’esenzione dal terrorismo.
Ora
si parla di guerra guerreggiata al terrorismo. Cioè di un’avventura senza
esito, al modo dell’Afghanistan o dell’Iraq - la Libia è un paese ancora più
tribale, forse, che l’Afghanistan e l’Iraq, ingovernabile. Senza una strategia,
senza un fronte, senza una logistica e una retrovia d’appoggio. Troppa superficialità
per essere vera.
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