venerdì 13 febbraio 2015

Wang, Fanfani, Strauss e Togliatti

Un Wang Jenlin emerge in Cina quale acquirente dei diritti tv del calcio europeo, tra le tante sue attività. E si scopre nell’occasione che è l’uomo più ricco della Cina, o quasi, e quindi del mondo. Un nome che è uguale a un altro, un giornalista che nei primi anni 1970 aprì a Roma la sede della Shinuà, l’agenzia di stampa della Cina di Mao. Che era anche lui molto socievole.  
Astolfo lo ritrae così, nel romanzo “La morte è giovane”, in via di pubblicazione, alla vigilia del referendum contro il divorzio, dato perdente per 6-4 (come poi è avvenuto), anticomunista feroce, fanfaniano:
Solo al compagno Wang la scommessa non è proposta, per stanchezza. Fanfani, che finirà col referendum, è il cavallo anti-Pci dei cinesi. Nei momenti di esaltazione Wang, che apre a Roma l’ufficio dell’agenzia Nuova Cina, vorrebbe farsi convalidare un asse Fanfani-Strauss, contro il Partito. Wang non può che essere un agente segreto: ha i soldi, e una moglie dottore, ostaggio a Pechino. Ma non è del tutto in errore. Ci sono cristiani e cristiani: Strauss sarà il fascista bavarese che «Der Spiegel» vuole, giornale di Amburgo, però di un altro mondo. Un Land sonnolento ha convertito nel più ricco della Germania, la terra mescolando alla fabbrica. Ai laghi ha ridato trasparenza, e ai fiumi. La Baviera legando al Lombardo-Veneto ha costruito, su aree sfavorite dalla natura, tra ghiacci, nebbie e zanzare, la regione più ricca del mondo, tutta cattolica. La sociologia di Max Weber e del capitale sbriciolando in poche mosse.
Il problema di Wang è che, se Berlinguer perde il referendum, lo perde pure Fanfani. Né capisce la finezza di Berlinguer, che vuole perdere il referendum per ingraziarsi il Vaticano – se il divorzio fosse abolito, il Pci sarebbe abolito con esso. Ma il progetto italo-bavarese lo fa sognare: Berlinguer perde comunque col referendum, e Fanfani, comunque vittorioso, erige il muro con Strauss. Non ci sono comunisti in Italia ma servi di Mosca, così parla Wang, ubiquo – i giornalisti sovietici devono dire alla polizia dove vanno, se escono dall’ufficio, lui è libero di muoversi:
“- “Un legame di ferro” – Wang ripete Togliatti annuendo. È questa indicazione bibliografica che fonda la stima che non si può non averne. E non sa che la Dc cementa col voto il compromesso, quale passaporto al potere eterno. Che dopo questa prova non ci sarà più la Repubblica, con tutta la Resistenza. Che vuol essere, costituzione e tutto, l’anomala mezzadria Dc-Pci nel loro reciproco opporsi-tenersi, la Repubblica di Guareschi. Che i partiti di massa, i rappresentanti del settanta per cento degli italiani, non abbiano capito l’Italia, il movimento, l’etica, le donne, la libertà, in fondo dà ragione a Wang, figli degenerati di preti dissoluti e del Batrace alcolizzato.
La chiesa, che le cose le sa, con la confessione e la sacrestia avendo migliore nozione dell’animo femminile, ce l’ha col senatore Fanfani, per esserne stata indotta a mali passi. Toccherà al povero Paolo VI, che più d’ogni altro papa ama la politica italiana, gli Andreotti, i Moro, cui ha sacrificato la gioventù, seppellirsi sotto il divorzio, cui seguirà l’aborto. A opera di Fanfani che non fu suo allievo, mentre i pupilli si fanno la guerra. È la politica debole?”
Che c’è in comune tra il Wang giornalista e il milionario di oggi? Probabilmente niente. Anche se la fisionomia è la stessa - i due potrebbero essere cugini, per esempio. L’età no, il milionario ha una diecina d’anni di meno. E faceva il militare, non il giornalista. Figlio di un generale di Mao, della Lunga Marcia. È entrato nell’esercito a quindici anni, e vi ha fatto carriera per diciotto. Poi, con Deng, ha capito che il futuro era negli affari, racconta oggi l’“Economist”, e con 80 mila yuan presi a prestito ha creato un gruppo da 40 miliardi di dollari, con una fortuna personale che il settimanale valuta in 25 miliardi. Il più grande immobiliarista della Cina, con centri commerciali in cento città. Senza che nulla sia cambiato in Cina, nella politica cinese. Neanche in Italia, poco o niente è cambiato. Ma i patrimoni non si moltiplicano.

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