Lunedì 7 la Banca centrale europea ha avviato
il piano di allentamento dei vincoli sul debito dei paesi euro, tra essi
l’Italia, che ritardano l’uscita dalla profonda depressione economica. Giovedì 11
Jens Weidmann, presidente della Bundesbank tedesca, e Klaas Knot, presidente
della banca centrale olandese, hanno chiesto di fermare il programma Bce per
evitare di surriscaldare l’economia – come succede quando c’è “troppo”
crescita. Senza crescita. E senza nessun deterrente tecnico, giusto per
riaffermare un vantaggio competitivo dei loro paesi – anche sa viaggiano a un punto,
un punto e mezzo percentuale, un crescita irrisoria – rispetto ad altri paesi,
tra i quali in primo luogo l’Italia. C’è sempre un Nord più a Nord degli atri, sinonimo di
presunzione e avarizia.
“L’autostrada Salerno-Reggio Calabria sembra
regredire. Il tutto dopo 50 anni di lavori e miliardi di euro spesi. Non
sarebbe meglio, vista l’impervietà della zona e le infiltrazioni criminali,
sospenderne il completamento?” È la lettera di un lettore – anche se firmata
“Ardengo Alebardi” - che Sergio Romano sceglie di pubblicare sul “Corriere della
sera”.
Non è vero niente, l’autostrada non regredisce,
ma il “Corriere della sera” lo dice. Non è istigazione a delinquere? Magari di
stampo mafioso?
La Corte dei Conti denuncia una catena di mala
burocrazia a Nord. Ma la cosa non fa notizia.
Non c’è nessuno specialista della “casta” per
il Nord, sono tutti, in abbondanza, per il Sud. Si mangia meglio al Sud?
Si suicida l’ex giudice di Palmi Giancarlo Giusti,
dopo essere stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Davanti al gip, scrive Cesare Giuzzi sul “Corriere della sera”, tre anni fa si
era discolpato così: “Dopo sere stato cacciato di casa sono andato in
depressione. Mi sono aggrappato a questa persona solare, sveglia. Con lui mi
sentivo rinato”.
Bisogna calcolare anche il mariticidio, nella
crisi della famiglia e dell’Italia.
E la mafia? La “persona solare, sveglia” del giudice
Giusti era Giulio Lampada, che viene processato da qualche anno come capomafia
delle macchinette mangiasoldi. Cosa è mancato a Lampada per fare l’imprenditore
onesto? I capitali? L’origine?
Le leggi e i costumi non valgono nulla, sostiene
Machiavelli, senza la paura. Ma si può sostenere il contrario, che la paura
rende irrilevanti leggi e costumanze.
Per “senza la paura” Machiavelli intendeva
“senza la violenza” della legge, l’imperio. Il problema nasce quando la violenza
dell’illegalità sorpassa quella delle legge: se bisogna avere più paura dei
Carabinieri o dei mafiosi.
Il cardinale Ravasi dà molto credito alla
mafiosità religiosa. Dei mafiosi che pregano santa Rosalia, e della chiesa,
lascia capire, “concorrente esterna”. Un lasciar capire che si direbbe mafioso. Tanto più
che il cardinale lo dice in sintonia con Prestipino e Sciacchitano, teorici del
“Dio mafioso”, nonché col virtuoso Pignatone, per i quali solo la mafia esiste.
Non che non ci dormano la notte.
Un cardinale che non sa che la chiesa, in tutte
le sue forme, dalla vita in parrocchia ai piccoli e grandi appalti e alla vita associativa,
è sicuramente la più estranea al Sud al fenomeno mafioso? Alla mentalità, oltre
che alle insorgenze. Bisogna che ci ricrediamo sull’intelligenza della chiesa
stessa. Millenaria come si sa, non per questo saggia.
Non s’incontrano più discariche abusive, nel
napoletano e casertano, e nelle Calabria reggina, ma tentativi personali e
familiari sì, a ogni passo. Meglio, a ogni rivo, ogni prato, anche solo a una
piazzola. “In questo luogo per lungo tempo”, osserva Knut Hamsun nel 1948 (“Per
i sentieri dove cresce l’erba”, p. 16), passeggiando in un bosco di periferia
davanti a una forra, “la gente è venuta a gettare pietrisco, pattume, stracci e
rifiuti di ogni genere”. Dunque, il fenomeno è universale. Solo che la Norvegia
è diventata un giardino ordinato: basta poi fare pulizia, e far rispettare i
regolamenti. Oppure mandare il netturbino a ritirare i sacchi. Anche una volta
al mese.
A Serra San Bruno – Serra San Bruno è nelle
Serre, giustamente, non nell’Aspromonte, nella Calabria reggina, ma tanto per
fare un esempio - trent’anni fa, prima
che i cistercensi chiudessero l’abbazia alle visite, nell’area picnic sotto la
pineta, molto frequentata, i rifiuti venivano coscienziosamente raccolti nei
sacchetti blu, e legati ai rami bassi dei pini. Per evitare che cani e gatti li
spargessero intorno. Ma attirando sciami di mosche e di vespe, al punto da
rendere l’area inutilizzabile. Sarebbe bastato che il sindaco mandasse il
pomeriggio un netturbino a ritirare i sacchetti. A volte basta poco.
Il Sud
si racconta
“La Calabria di allora era identica a tutti gli
altri Sud del Mediterraneo, terre calde coltivate a frumento, tabacco, mais, olivi
alti come querce, giardini di aranci e di bergamotti, pergole di zibibbo e di malvasia”:
Scalfar ricorda generosamente, in “L’amore, la sfida, il destino”, il sesto e ultimo
volume della sua personalissima autobiografia,
l’anno e mezzo che dalla liberazione di Roma passò in Calabria, con i
suoi, a casa dei nonni paterni. Un Sud che estende da Creta e Corinto a Sibari,
Locri, Siracusa, e fino a Ceuta e Melilla. Ma di quel Sud gli è rimasto
impresso soprattutto il desiderio, e quasi la necessità, di raccontare. Di raccontarsi
– rappresentarsi.
“Mi accorsi ben presto che il raccontare
rappresentava per gli abitanti di quei luoghi
il modo principale se non addirittura esclusivo di rappresentare se
stessi e la vita che dentro gli scorreva”. Tutti raccontiamo, “ma nelle
contrade del meridione il racconto si identifica con la vita stessa; la propria
e quella dei personaggi ricordati fluisce senza interruzione”. Arricchita dalla
gestualità, “che non è accompagnamento ma sostanza dei fatti e delle posture”.
Sottolineati dalle tonalità e la scansione.
Il Sud si pensa e si esprime tangenzialmente,
obliquamente, ma anche sinceramente: nei più riposti recessi.
Il romanzo “non c’è più”, argomenta Scalfari ancora in “L’amore, la sfida, il destino”, “perché non c’è niente di corale da raccontare e il romanzo è una forma corale di racconto”. Che non ci sia più è un dato di fatto. Ma non che non ci sia niente di corale da raccontare. Al contrario, oggi ne saremmo pieni, di cose da raccontare, ma non si vuole che si raccontino. Si dice: il mercato non gradisce. Ma il mercato non gradisce perché lo si indirizza altrove – il mercato è marcato, a vista, segnato, seguito, in ogni suo minima piega.
leuzzi@antiit.eu
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