Una celebrazione dei “ricordi che si
fingon rimorsi”. Senza cinismo.
S’intitolava “Tentazioni” il racconto che,
in “veste purgata e rivista”, sarà “L’amico gesuita” dell’omonima raccolta
dieci anni dopo, 1943. Nel 1934, a 27 anni e senza professione, in vacanza prolungata
sul lago d’Orta con l’amico Bonfantini che sarà il suo patrono editoriale, Soldati
fa prove di scrittura. Al compagno di
scuola che si è fatto gesuita, incontrato alla stazione, opponendo il sesso e
il vino.
“Il sesso, per Soldati, è inseparabile
dal male”, attesta Garboli nell’introduzione. Lo avrebbe saputo da Soldati
stesso. Ma in questo caso sarebbe archeologia: chi ci crede più?
Garboli attribuisce la fisima alla
scuola dai gesuiti. O alla madre. E rafforza l’assunto accostando Soldati a
Baudelaire. Per il quale pure c’era la mamma, ma non i gesuiti. Mentre è
evidente, anche in questa primizia, l’ironia. Che non è esattamente indifesa –
o bisogna dire che a scuola dai gesuiti Soldati si liberò, mentre Baudelaire,
non avendo scuola, restò impaniato?
Soldati, beato lui, si divertiva, anche
al confessionale.
Mario Soldati, Tentazioni
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