domenica 29 marzo 2015

I gesuiti, che spasso

Una celebrazione dei “ricordi che si fingon rimorsi”. Senza cinismo.
S’intitolava “Tentazioni” il racconto che, in “veste purgata e rivista”, sarà “L’amico gesuita” dell’omonima raccolta dieci anni dopo, 1943. Nel 1934, a 27 anni e senza professione, in vacanza prolungata sul lago d’Orta con l’amico Bonfantini che sarà il suo patrono editoriale, Soldati fa  prove di scrittura. Al compagno di scuola che si è fatto gesuita, incontrato alla stazione, opponendo il sesso e il vino.
“Il sesso, per Soldati, è inseparabile dal male”, attesta Garboli nell’introduzione. Lo avrebbe saputo da Soldati stesso. Ma in questo caso sarebbe archeologia: chi ci crede più?
Garboli attribuisce la fisima alla scuola dai gesuiti. O alla madre. E rafforza l’assunto accostando Soldati a Baudelaire. Per il quale pure c’era la mamma, ma non i gesuiti. Mentre è evidente, anche in questa primizia, l’ironia. Che non è esattamente indifesa – o bisogna dire che a scuola dai gesuiti Soldati si liberò, mentre Baudelaire, non avendo scuola, restò impaniato?
Soldati, beato lui, si divertiva, anche al confessionale.
Mario Soldati, Tentazioni

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