Frustrazione o fanatismo? Entrambe le
cose, il mondo arabo non è nuovo a esplosioni di collera. Sopratutto di tipo
terroristico, dagli “assassini” del Duecento ai pirati di ancora un secolo fa.
Ma fin qui siamo – eravamo – a Al Qaeda. Ora siamo a una lotta feroce
all’interno del mondo arabo.
Il sottotitolo di Molinari è “Perché il
Califfato minaccia l’Occidente”, ma questo è solo in parte vero – lo steso
Molinari lo spiega. Baghdadi minaccia Roma e le capitali europee – fa
minacciare da conversi europei specialisti di internet – come copertura e falso
scopo della lotta fratricida, di sette o confessioni contrapposte. Più precisamente
delle varie confessioni sunnite contro gli sciiti.
Un libro che spiega molte cose, Molinari
conosce bene la storia – uno dei pochi, mai tanta ignoranza su un mondo pure
così vicino. Con due integrazioni necessarie. Una è delle geopolitica
terremotata dal petrolio. I paesi mediorientali urbani, alfabetizzati, con
istituzioni moderne, Iraq, Siria (con Libano annesso) e Egitto, che facevano
l’opinione e la vita politica della regione, sono stati sostituiti dai principati
della penisola arabica, tribali e sanfedisti. Che si sono imposti con i
petrodollari, e il fondamentalismo da esportazione. Staterelli tribali e
polverosi appena quarant’anni, e tuttora arretrati, feudali, dietro la patina
affaristica dei grattacieli e i fondi sovrani. E tuttavia immuni al radicalismo.
La prima scuola femminile si apriva in Arabia Saudita nel 1973: due classi con
insegnanti ciechi. E il re che osò la novità, Feisal, fu ucciso da un
familiare. Nei secondi anni 1970 non c’erano nemmeno porti nella penisola
arabica per accogliere le navi che trasportavano le merci comprate in massa col
petrolio a prezzi triplicati nel 1973: la rendita si consumava in stallie e
controstallie. Iraq e Siria ne sono stati disintegrati. In Egitto ci hanno
provato, ma il generale Sisi, per ora, li ha respinti.
La
guerra è all’Iran, e all’islam urbano
Altra integrazione necessaria è che questo
“mondo arabo” è in guerra non dichiarata con l’Iran. Che è l’unica potenza
mediorientale non controllata. Il settarismo anti-sciita è vecchio, ma nella
forma cruenta di questi anni è nuovo, è nuovissimo. Ed è una guerra all’Iran.
L’Occidente c’entra di sbieco. E più per
la mancata integrazione dei suoi immigrati mussulmani. Con o senza colpa?
Probabilmente senza, a meno di non dire una colpa l’integrazione senza se e
senza ma dei mussulmani là dove sono presenti in grandi numeri, in Francia,
Gran Bretagna e Germania. L’integrazione da sola non basta, è evidente. L’avversione
più forte contro il modo di essere europeo è di immigrati di seconda e terza
generazione, e proprio nei paesi che li hanno meglio integrati. Senza restrizioni
mentali se non marginali, e con piena libertà culturale. Anche di professare l’avversione
all’Occidente. Molinari riporta i sondaggi inequivocabili che si
finge di ignorare. In Gran Bretagna un giovane su sette – uno su dieci a
Londra, uno su dodici in Scozia.- prova “attaccamento emotivo per l’Is”. Cioè
tutti i giovani mussulmani. Peggio in Francia: il 27 per cento dei cittadini
tra i 18 e i 24 anni ha “un’opinione positiva dell’Is”. Un’opinione condivisa
da tutte le fasce d’età, il 16 per cento del campione intervistato.
La vecchia diplomazia seguiva la cautela yemenita, delle vecchie tribù
pastorali: diffidare dell’estraneo dormiente, svegliarlo prima con un sasso. Una procedura che il generale Sisi ha applicato a Derna, in Libia vicino alla frontiera con l’Egitto: quando l’Is ha vantato il controllo dela città, il generale lo ha sloggiato in pochi minuti. La
nuova pedagogia dei diritti civili ha abolito i sassi, ma non la cattiveria dei
dormienti. La vecchia diplomazia partiva anche dal presupposto che non tutti
sono amici, anzi che tutti sono nemici fino a prova contraria. Lideologia europea
vuole il contrario, ma non si vede su che basi. La diplomazia, beninteso,
mirava a salvaguardare il bene comune, della nazione. Mentre l’ideologia dei
diritti civili non sa esattamente cosa si propone. Che siamo tutti uguali? Come
può essere, una legge ci vuole.
Il petrolio, certo, siamo dipendenti. Ma
avendoci lavorato, conoscendo quel mercato da di dentro, una cosa resta certa: se
l’Europa ha bisogno degli arabi, gli arabi hanno estremo bisogno dell’Europa.
Se l’Europa, per ipotesi, decidesse di fare un mese senza automobili, il mondo
arabo imploderebbe. Non avrebbe forza nemmeno più per i kamikaze nelle moschee.
Già trema col petrolio a 50 dollari invece che a 100, che è sempre
sopravvalutato del tre-quattrocento per cento.
Maurizio Molinari, Il Califfato del terrore, Rizzoli, pp. 157 € 17
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