sabato 21 marzo 2015

La cattiveria dei dormienti

Frustrazione o fanatismo? Entrambe le cose, il mondo arabo non è nuovo a esplosioni di collera. Sopratutto di tipo terroristico, dagli “assassini” del Duecento ai pirati di ancora un secolo fa. Ma fin qui siamo – eravamo – a Al Qaeda. Ora siamo a una lotta feroce all’interno del mondo arabo.
Il sottotitolo di Molinari è “Perché il Califfato minaccia l’Occidente”, ma questo è solo in parte vero – lo steso Molinari lo spiega. Baghdadi minaccia Roma e le capitali europee – fa minacciare da conversi europei specialisti di internet – come copertura e falso scopo della lotta fratricida, di sette o confessioni contrapposte. Più precisamente delle varie confessioni sunnite contro gli sciiti.
Un libro che spiega molte cose, Molinari conosce bene la storia – uno dei pochi, mai tanta ignoranza su un mondo pure così vicino. Con due integrazioni necessarie. Una è delle geopolitica terremotata dal petrolio. I paesi mediorientali urbani, alfabetizzati, con istituzioni moderne, Iraq, Siria (con Libano annesso) e Egitto, che facevano l’opinione e la vita politica della regione, sono stati sostituiti dai principati della penisola arabica, tribali e sanfedisti. Che si sono imposti con i petrodollari, e il fondamentalismo da esportazione. Staterelli tribali e polverosi appena quarant’anni, e tuttora arretrati, feudali, dietro la patina affaristica dei grattacieli e i fondi sovrani. E tuttavia immuni al radicalismo. La prima scuola femminile si apriva in Arabia Saudita nel 1973: due classi con insegnanti ciechi. E il re che osò la novità, Feisal, fu ucciso da un familiare. Nei secondi anni 1970 non c’erano nemmeno porti nella penisola arabica per accogliere le navi che trasportavano le merci comprate in massa col petrolio a prezzi triplicati nel 1973: la rendita si consumava in stallie e controstallie. Iraq e Siria ne sono stati disintegrati. In Egitto ci hanno provato, ma il generale Sisi, per ora, li ha respinti.
La guerra è all’Iran, e all’islam urbano
Altra integrazione necessaria è che questo “mondo arabo” è in guerra non dichiarata con l’Iran. Che è l’unica potenza mediorientale non controllata. Il settarismo anti-sciita è vecchio, ma nella forma cruenta di questi anni è nuovo, è nuovissimo. Ed è una guerra all’Iran.
L’Occidente c’entra di sbieco. E più per la mancata integrazione dei suoi immigrati mussulmani. Con o senza colpa? Probabilmente senza, a meno di non dire una colpa l’integrazione senza se e senza ma dei mussulmani là dove sono presenti in grandi numeri, in Francia, Gran Bretagna e Germania. L’integrazione da sola non basta, è evidente. L’avversione più forte contro il modo di essere europeo è di immigrati di seconda e terza generazione, e proprio nei paesi che li hanno meglio integrati. Senza restrizioni mentali se non marginali, e con piena libertà culturale. Anche di professare l’avversione all’Occidente. Molinari riporta i sondaggi inequivocabili che si finge di ignorare. In Gran Bretagna un giovane su sette – uno su dieci a Londra, uno su dodici in Scozia.- prova “attaccamento emotivo per l’Is”. Cioè tutti i giovani mussulmani. Peggio in Francia: il 27 per cento dei cittadini tra i 18 e i 24 anni ha “un’opinione positiva dell’Is”. Un’opinione condivisa da tutte le fasce d’età, il 16 per cento del campione intervistato.
La vecchia diplomazia seguiva  la cautela yemenita, delle vecchie tribù pastorali: diffidare dell’estraneo dormiente, svegliarlo prima con un sasso. Una procedura che il generale Sisi ha applicato a Derna, in Libia vicino alla frontiera con lEgitto: quando lIs ha vantato il controllo dela città, il generale lo ha sloggiato in pochi minuti. La nuova pedagogia dei diritti civili ha abolito i sassi, ma non la cattiveria dei dormienti. La vecchia diplomazia partiva anche dal presupposto che non tutti sono amici, anzi che tutti sono nemici fino a prova contraria. Lideologia europea vuole il contrario, ma non si vede su che basi. La diplomazia, beninteso, mirava a salvaguardare il bene comune, della nazione. Mentre l’ideologia dei diritti civili non sa esattamente cosa si propone. Che siamo tutti uguali? Come può essere, una legge ci vuole.
Il petrolio, certo, siamo dipendenti. Ma avendoci lavorato, conoscendo quel mercato da di dentro, una cosa resta certa: se l’Europa ha bisogno degli arabi, gli arabi hanno estremo bisogno dell’Europa. Se l’Europa, per ipotesi, decidesse di fare un mese senza automobili, il mondo arabo imploderebbe. Non avrebbe forza nemmeno più per i kamikaze nelle moschee. Già trema col petrolio a 50 dollari invece che a 100, che è sempre sopravvalutato del tre-quattrocento per cento.
Maurizio Molinari, Il Califfato del terrore, Rizzoli, pp. 157 € 17

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