Fabio Levi raccoglie, con Domenico
Scarpa, le testimonianze su Auschwitz rese da Levi fino al 1986, poco prima della
morte - testi non compresi nelle opere curate per Enaudi da Marco Belpoliti nel 1997. C’è poco di
Levi, della sua versatile qualità di scrittore, chimico, poeta, germanista,
naturalista, con velleità anche artistiche, sempre curioso e vivace, e anche
umorista, indefettibile, pure nella tragedia. C’è, spesso in forma burocratica,
reiterata, insieme con quelle del compagno di prigionia Leonardo De Benedetti,
medico, torinese e vicino di casa di Levi, la sua testimonianza sulla prigionia.
Testi perlopiù del 1945-1947, in parte inediti, in parte pubblicati in atti
introvabili di convegni.
Una raccolta commovente, e inquietante.
Per l’organizzazione: era organizzato lo sterminio per i molti, e la
sopravvivenza per gli altri. Questo si sa. Ma Levi e De Benedetti attestano che
l’organizzazione non fu peggiore dei campi di prigionia, anche alleati, anche a
distanza di anni dalla guerra. Lo sterminio si conferma nella sua abiezione proprio per essere organizzato, non
estemporaneo, non un fatto di crudeltà dei crudeli. Gli atti di crudeltà che le
memorie registrano, di soldati e SS, avvengono nella ritirata, successivi alla
sconfitta. Ma c’è materia anche per i negazionisti, che i campi fossero di
sterminio.
Levi e De Benedetti descrivono un’organizzazione
sanitaria migliore di molti altri campi di prigionia. Dilatano retoricamente il
regime carcerario – troppe ore di tormenti per una giornata che, a quelle
altitudini, per sei mesi è brevissima. Testimoniano
in dettaglio le procedure di sterminio di cui però non hanno conoscenza diretta
– né possono testimoniare per sentito dire, poiché i membri dei Kommando appositi
dicono la peggiore feccia: “di aspetto selvaggio”, “bestie feroci”, “reclutati
tra i peggiori criminali condannati per gravi reati di sangue”.
La tentazione di Fabio Levi, storico della
persecuzione degli ebrei, è probabilmente di ricostruire i fatti nella loro
verità fenomenologica, prima del giudizio storico. Ma la materia è sempre viva,
non è agli atti – il nazismo ha solo peso la guerra.
Primo Levi (con Leonardo De Benedetti), Così fu Auschwitz, Einaudi, pp. 245 €
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