Arte – “Ars est celare
artem”, Ovidio non l’avrà detto, o Tibullo, ma la maniera è rischiosa.
Altrimenti si casca nel leone della Metro, “ars gratia
artis”.
Classici
–
Quelli scoparsi sono
più di quelli tramandati, e
chissà erano anche migliori. Sono sopravvissuti solo 7 degli 80-90 drammi censiti di Eschilo, e
dei circa 120 di Sofocle. Di Euripide 18 su 92, di Aristofane 11 commedie. “Alla fine del V secolo d. C. il curatore
letterario Stubeo compilò un'antologia di prose e poesie dei migliori autori
antichi: su 1.430 citazioni, 1.115 sono tratte da opere ormai irrecuperabili”, Stephen Greenblatt, “Il manoscritto”. Nulla di
Democrito e Leucipo, quasi nulla di Epicuro, autore molto prolifico. Niente di
una serie di autori citati con ammirazione da Quintiliano: Macro, Varrone Atacino, Cornelio Severo,
Saleio Basso, Gaio Rabirio, Albinovano Pedone, Marco Furio Bibaculo, Lucio
Accio, Marco Pacuvio.
Dio
(o
Fkaubert) – v. lettere d Flaubert, restaurare qui.
Discorso
indiretto - Lo “style
indirect libre” Contini dice “invenzione del realismo francese, nel quale i più
illuminati grammatici, da Bally a
Thibaudet, esaltarono la massima rivoluzione rappresentativa della lingua
moderna” (a
proposito di Anna Banti, “Artemisia”). Pasolini ne fa anche lui grande caso, al
carro di Contini. Ma è
quello che ammazza la narrazione: un’intrusione a metà dell’autore, come se
parlasse di sghembo.
Giornale - La lettura
del giornale è “la preghiera
quotidiana” di
Hegel? Ma allora un esercizio di pietà:
ripetitivo, come un’abitudine, una giaculatoria, il sacro di casa. Oggi, ovvio,
più di allora.
Ma ne “Il brusio del linguaggio” (“Scrivere, verbo
intransitivo”)
Barthes già osservava che “Il lavoro di scrittura oggi non consiste né a
migliorare la comunicazione né a distruggerla, ma a filigranarla”. Donde l’importanza dei concetti teorici (direttivi)
di paragramma, di plagio, d’intertestualità, di falsa leggibilità”.
Nazismo – Annegato dalla storia frettolosa negli errori e gli
orrori, ha una consistenza culturale di prim’ordine. Parte della terminologia
di Hitler, Haltung (tenuta,
portamento), Opfer (sacrificio), nützen (servire), Gesamtheit (comunità, comunanza), Ehre (onore),onore), Volk
(popolo, razza), völkisch, è derivata
da Jünger, e molto frequente in Heidegger negli anni dopo il 1930. Heidegger
usa molto anche Schicksal (destino),
Boden (suolo, territorio), Blut (sangue), Rasse, seppure tra virgolette – le preferisce Stamm (stirpe), senza virgolette. Le
usava anche Gottfried Benn, che poi ha fatto ammenda.
Jünger, “Der Arbeiter”, 1932, Forsthoff, “Lo Stato
totale”, C.Schmitt, “Stato, movimento, popolo” e “Concetto del politico”, terza
edizione con interpolazioni naziste 1933, sono pubblicati dallo Hanseatische
Verlagsanstalt di Amburgo, casa editrice del partito nazista.
Parodia – Può essere solo
scherzo. Altrimenti è infelice ripetizione. Kierkegaard lo spiega: “Il quadrato
è la parodia del circolo: la vita e il pensiero sono un circolo, mentre la pietrificazione
della vita prende la forma della cristallizzazione. L’angolare è la tendenza a
restare statici: a morire”.
Proust – Si può pensare la “Ricerca” una
colossale forma d’ironia, altrimenti tutto rasenta il ridicolo: la gelosia in
mille pagine (mille! di uno, il narratore, che non è mai stato innamorato, si
sa, si sente), i froci, le lesbiche, le puttanelle, i borghesi pieni di sé, il
padre-Cottard, la madre-Verdurin (o madame Straus e le altre madri
alternative), gli stessi duchi, a loro volta snob. Ma non senza compassione,
che ne è la chiave: l’autoconsolazione.
Non un altro Proust, quello più vero - più costante,
anche nell’amore, specie nell’amore. Il suo
fondo, prima della “Ricerca”, e per lunghi tratti della “Ricerca”, è l’ironia. Nello stesso
ano 1919 in cui licenziava il primo volume della “Ricerca” pubblicava orgoglioso,
non a sue spese, la raccolta di “Pastiches
et mélanges”, dei suoi scherzi letterari.
Romanzo – Se lo fa in
realtà il lettore? Aiutato, certo, dal critico. È per questo che il
lettore non c’è più, e nemmeno il romanzo? Perché non c’è più il critico?
Il
romanzo oggi è fatto dalla distribuzione (librerie), dal marketing (filoni di
pronto consumo), e dalle relazioni
pubbliche (soffietti giornalistici o blurb)
Il
romanzo esige una “willing suspension of disbelief”, Coleridge. Bisogna credere per leggere.
Le
dieci caratteristiche della narrativa in Dante (Ep. XIII). Le cinque della
vecchia arte poetica: poeticus, fictivus,
descriptivus, digressivus, transumptivus. E le cinque dell’arte filosofica:
diffinitivus, divisivus, probativus, improbativus,
et exemplorum positivus. La stilistica,
cui bono?
“Un buon
soggetto di romanzo è quello che viene tutto d’un pezzo, d’un colpo. È un’idea
madre da cui tutte le altre discendono. Non si è del tutto liberi di scrivere
questa o quella cosa. Non si sceglie l’argomento. Ecco ciò che il pubblico e i
critici non capiscono. Il segreto dei capolavori è là, nella concordanza dl
soggetto col temperamento dell’autore”. Flaubert lo scriveva a una corrispondente
molto frequentata, Edmée o Edma Letellier, sposata Roger des Genettes,
esattore. Era probabilmente il 1861, lo scrittore usciva dalle doglie di “Salammbô”,
romanzo da cui si attendeva molto, ma con qualche dubbio.
Satira - La satira
tiene due ore e mezzo – la lunghezza di Aristofane.
Anche
Rabelais si legge a pezzi – e perché è Rabelais.
L’ironia
non regge una narrativa, solo l’aneddotica. Se non lievitata – alleviata – al
modo dell’Ariosto, per una lettura multiforme, più immaginativa che critica,
esagerata, e diventa patrimonio popolare.
No,
l’ironia (Swift, Voltaire, anche Sterne) è un impianto - una posizione nella
vita, una rigidità: per questo dissecca.
Scrittura - C’è nella
scrittura, nella buona scrittura, dotata, qualcosa di più grande del
percepito e dell’espresso, o del vissuto. Freud e Heidegger (e Nietzsche,
eccetera), o Stendhal e Schopenhauer (ma anche Platone, Rousseau, eccetera), scrittori
dotati, sono molto più grandi delle loro teorizzazioni, o del loro
misero vissuto. Di una grandezza incomparabile, poiché la misura un fascino
sterminato.
Ciò
può essere fonte di meraviglia, entusiasmo o paura. Ma è esaltante: da solo dà
la misura del potenziale umano, della realtà dell’uomo.
Lo
scrittore Kierkegaard vuole “svagato lettore”. Un narratore di letture!
Kierkegaard cui Adorno trova
(“Kierkegaard”) “dialoghi operistici”.
Shakespeare – È Dio,
arguisce Dorothy Sayers in “The maker of the Mind”. Le nostre speculazioni su Shakespeare sono quasi
altrettanto pirotecniche
e folli
come le nostre speculazioni sul creatore dell’universo, e
come quelle si occupano frequentemente
di stabilire che le sue
opere non furono scritte da lui ma da un’altra persona con lo
stesso nome”. Lo stesso che dire: l’autore è un creatore.
letterautore@antiit.eu
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