Immagini di immagini. Filostrato,
chiunque egli sia, illustra 64 pitture che adornavano il portico di una villa a
Napoli che forse non esistevano – né la villa né le pitture. Un modo come un
altro per riraccontare il mito, i soggetti delle pitture, di cui l’epoca era
evidentemente sempre golosa – l’epoca è certa, il II secolo a.C. Un esercizio
di ekfrasis, descrizione di manufatti artistici, ma più di narrazione: per una
volta le solite storie di dei ed eroi sono ben raccontate. Con un’avvertenza,
alla prima riga del prologo: “Chi non ama la pittura disprezza la verità
stesa”. L’immagine è verità. Specchio della
realtà: Narciso, Medusa, l’ekfrasis stessa. Certo, altrettanto enigmatica.
Le descrizioni di opere d’arte non erano
una novità, Luciano vi si era esercitato, e Longo Sofista – il genere sarà
codificato successivamente, da Erogene, Quintiliano e i grammatici bizantini.
Da questa pretesa di verità è soprattutto attratto l’editore, Andrea L.
Carbone, per riproporre questa preziosa edizioncina – arricchita da una dotta
postfazione di Michele Cometa sull’ekfrasis: corrispondano a dei manufatti
esistiti, o siano d’invenzione, queste descrizioni sono veicolo di verità. Sono
tese a interpretare “l’enigma delle
immagini”. Goethe, che propendeva (“Philostrats Gemälde”) per le reale
esistenza delle opere descritte, ne faceva dei modelli, per l’arte a venire.
Notevole anche, nelle rappresentazioni
di Filostrato, l’applicazione dei
precetti aristotelici sull’arte. Dell’analogia. E dell’arte come
manufatto: l’arte non è divina, è arte,
uso accorto dei colori, della tecnica, della geometria.
Filostrato, Immagini, :duepunti edizioni, remainders, pp. 157 € 9
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