Da
quando teneva il santino dell’Avvocato sul comodino, in vent’anni Berlusconi ha
maturato un odio feroce contro “i torinesi”: la Fiat e i suoi padroni. Un
addendo su questo aspetto è necessario, la berlusconeide di questo sito sarebbe monca senza. E anche la storia del capitalismo italiano.
Le
berline e supercar tedesche esibite per sé e le sue numerose famiglie, nonché
per i ministri dipendenti, con relativi sottosegretari. Il taglio di ogni
sovvenzione al gruppo torinese, anche dei contributi per la ricerca. L’altero
mutismo, dall’alto di palazzo Chigi, quando il gruppo torinese rischiò il fallimento. I
bastoni fra le ruote, successivamente, per la chiusura di Termini Imerese –
niente prepensionamenti né ammortizzatori sociali. Dopo aver sferrato l’attacco
basso, il più risentito e cattivo: contro la Juventus, faccia e cuore dei torinesi. Col suo
presidente di Lega, un giornalista convertito manager, e i giudici di comodo in Federazione, coi suoi giornalisti, specie
quelli della Rai, e col suo arbitro-modello, che convocava settimanalmente e fece
pagare dal suo sponsor.
Un
odio non ingiustificato. All’Avvocato Berlusconi non piaceva, e lo snobbò. E
quando Berlusconi ci riprovò, nel 2001, gli fornì un ministro degli Esteri che
combinerà il disastro del G 8 di Genova. Il disprezzo è stato continuo del suo
giornale, “La Stampa”. E delle banche con cui i torinesi fanno circolo a
Milano. Geronzi provò a mettere pace, ma a rischio della sua propria carriera:
gli Agnelli e Bazoli non ne vollero sapere, come già Cuccia. Pur con le pezze
al culo, la Fiat per la prima e unica volta della sua storia sfidò il governo,
i governi Berlusconi.Ma anche in questa sfida, al tirare delle somme, Berlusconi esce sfiancato. La Juventus è sempre in piedi mentre lui deve cercare qualche “filippino” per il Milan. E la sua uscita dalla scena politica si fa all’insegna dell’Avvocato - del suo “ci vuole la sinistra per fare qualcosa di destra”
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