Netanyahu
vuole gli islamici divisi ma in armi. L’accordo tra Usa e Iran sarebbe la via
principe per neutralizzare la bomba iraniana, ora e in ogni prevedibile futuro.
Anche se, cioè, l’Iran dovesse deragliare e fabbricarsela. Netanyahu non lo
vuole perché allora entrambi i fronti in guerra nell’islam, l’iraniano e – per semplificare
- il saudita, si troverebbero come referente unico gli Usa, che quindi potrebbe
pacificarli. Si capisce l’opposizione di Netanyahu, ma perché lui lavora in una
prospettiva di guerra perpetua. E questo non si capisce.
Avendo
centrato la sua politica sul non riconoscimento di un’entità palestinese, stato
o territorio che sia, il suo Israele deve puntare alla guerra perpetua. La guerra
perpetua non ha precedenti, quindi non si saprebbe giudicare. Ma gli esiti non
sono finora positivi: Israele è con Netanyahu ma non è più sicuro. Oggi è meno
sicuro di trentacinque anni fa, al’indomani di Camp David. Benchè abbia molti
meno arabi al suo interno. Mantiene un grado ancora elevato di sicurezza per lo
scudo Usa. Che è affidabile ma non è definitivo, e il tempo non aiuta.
L’irritazione
di Obama nasca dal fallimento del suo disegno, ed è per questo temporanea. Ma dopo
Obama? E dopo il dopo Obama? Il disegno di Obama era di riportare sotto l’ombrello americano le tre componenti del conflitto,
Iran e Arabia Saudita per semplificare, e Israele. Netanyahu lo ha fato
fallire, ma in cambio di niente. Ha elettori sempre più fedeli – i coloni – ma
nuovi al sionismo e meno affidabili, meno acculturati nel contesto
internazionale. Più che agli scacchi sembra che giochi alla roulette russa,
alla sfida contro se stesso.
Nessun commento:
Posta un commento