Praticamente inedito in Italia (uscì nel 1968,
nella raccolta “Uomini in tempi oscuri” mai ristampata), il ritratto del papa
buono è la recensione sulla “New York Review of Books” nel 1965 del “Giornale
dell’anima”, il diario del papa da poco defunto, tradotto per la McGraw-Hill da
Dorothy White. Col contorno di gustosi aneddoti sul papa al momento del
trapasso, raccolti a Roma sembrerebbe dalla stessa filosofa, o allora dalla sua
amica Mary McCarthy, che nella capitale aveva eletto residenza. Nulla di
eccezionale, e tuttavia un giudizio eccezionalmente acuto, per una non cristiana
poi (“difficilmente un incontro potrebbe apparire più improbabile”, Paolo
Costa), sulla “santità” di papa Giovanni. Già in vita, e da sempre. Per la
fede. Un pegno professato da ragazzo e mai abiurato. Hannah Arrendt ha voluto
recensirne il diario, “nulla di eccezionale”, per il fascino della religiosità “autentica”
di papa Giovanni.
Umiltà? Sì, ma concludendo nel “tremendo orgoglio e
la fiducia in se stesso” del papa santo: “La statura di quest’uomo può essere abbassata
solo se si omette l’elemento dello scandalo”. Degli “«scandali» che essa
innocentemente causò”. Un’esperienza unica perché il personaggio era irripetibile.
Col papa argentino la chiesa ha rinnovato la scelta di sessant’anni prima, del
papa “di provvisoria transizione”, come Giovanni XXIII scriveva di se stesso, e
per non sbagliare buon pastore. Ma la differenza è significativa. L’elezione a
sorpresa di papa Giovanni – nota “Il giornale dell’anima” e Arendt sottolinea –
fu un’avventura per la chiesa, e come un tentativo di riscatto. Riuscito in
parte, se ancora dopo cinquecento anni la chiesa vive di rimessa, si direbbe al
gioco del calcio, “in risposta a” (il protestantesimo, il modernismo, la
desacralizzazione, le ideologie, il sessismo), e non per virtù propria. Non per
la fede.
Il titolo originale è meno provocatorio, o parodistico:
“Angelo Giuseppe Roncalli: un cristiano sulla cattedra di san Pietro dal 1955
al 1963”. Leggibile online in inglese, qui
è tradotto e prefato da Paolo Costa, il filosofo della Fondazione Bruno
Kessler. Fine studioso di Hannah Arendt, Costa ne dà pregni punti di
riferimento. Perché un papa tra gli “uomini oscuri”, i compagni d’elezione della
sua vita intellettuale: Rosa Luxemburg, Brecht, Benjamin, Karen Blixen? E Perché
un “non intellettuale”? Per la “individualità esemplare” DEL PAPA, eccezionale,
mai addomesticata, ma sempre corretta. E Per “la sua” propria “convinzione che,
con la fine della tradizione, le residue possibilità di illuminazione di una
realtà oscura si celino soprattutto nei «frammenti di pensiero»,… e in alcune
esistenze autentiche”. Autentica è parola di Costa, ma è il senso della vita di
Giovanni XXIII che affascina Arendt: checché l’autenticità sia, gergo
haideggeriano, qui è una fede fedele. Nel caso di Angelo Roncalli un’immedesimazione
totale nel Cristo.
Con una reprimenda arendtiana agli atei, “sciocchi
che pensasno di sapere ciò che nessun uomo può sapere”. E una difesa - sull’autorità
apocrifa di papa Giovanni - del “Vicario”, il dramma protorevisinista, e quasi
negazionista, di Rolf Hochhuth che allora impazzava, purtroppo anche tra gli
ebrei – l’Olocausto come colpa di Pio XII, della chiesa romana..
Hannah Arendt, Il papa cristiano, Edb, pp. 45 € 5
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