Con
Berlusconi in Liguria, dove dopo mezzo secolo si apre qualche possibilità per
la destra. Con Renzi in Puglia, dove il successo è assicurato. Il partito di
Alfano è in rotta, si può dire, duplice.
Di
preferenza Alfano nuove verso il Pd. Là dove il Pd ne ha bisogno alle regionali,
dove da solo non può farcela: il Veneto e la Campania e, ora, la Liguria. Ma
curiosamente, gli ex socialisti non fanno parte di questa tendenza, Cicchitto,
Sacconi, etc., che dovrebbero essere naturali vicini del Pd. La cosa si spiega
col fatto che Cicchitto, Sacconi, etc., non hanno e non portano voti. Ma,
allora, gli altri alfaniani? Si fanno meno scrupoli.
Quello
di Alfano è il partito delle poltrone, almeno finché dura la legislatura. Al
voto bisognerà avere i voti, che invece latitano – non si può dire ma si sa. L’aggancio
a sinistra e a destra è già un rompete le file e trovatevi il posto. Anche
perché l’Italicum, che gli alfaniani non possono non appoggiare volendosi un
pilastro del governo, lo imporrà. Insomma, una forma di eutanasia.
Lo sciogliete
le fila è conseguente all’eclisse di Formigoni in Lombardia, uno dei due bacini
elettorali sui cui gli alfaniani contavano. Essendo Formigoni il referente di Comunione
e Liberazione, ed essendo il voto confessionale in Lombardia sovrastante. Lupi,
di cui Alfano non può privarsi, tiene ancora accesa qualche speranza, ma gli ex
di Comunione e Liberazione non hanno più alcuna presa sul voto confessionale, E
anche in Sicilia, “la regione di Alfano”, le promesse non sono buone - le due
regioni sono determinanti nelle elezioni politiche italiane.
In
Sicilia sono invece i berlusconiani che giocano direttamente col Pd. Ad
Agrigento, Enna e altrove. Così come nelle Marche. La rotta del centro-destra è
conseguente, oltre che ai suoi propri vizi, all’attrazione che esercita il Pd di Renzi –
una constituency assicurata.
Nessun commento:
Posta un commento