Singolare “day
after” disneyano. Niente più luci, colori e sorrisi, ma disgrazie e disastri,
in un mondo cupo – sono brutti anche i
belli. Tratto da un musical di successi ripetuti in un trentennio, a New York e
a Londra, costruito da Sondheim su un libro di James Lapine - a sua volta
ispirato da Bettelheim, “Il mondo incantato” – l’orrore delle favole non
impaurisce i bambini, li forma. Ma girato in un piccolo giudizio universale.
Forse per l’assonanza con “out of the woods”, idiomatico per “fuori dai guai”,
quindi “nei guai”.
Cinque-sei delle
favole trascritte dai fratelli Grimm vengono legate in un’unica storia. Ma a scarso
effetto, eccetto che per le lunghe evocazioni della colpa, delle madri cattive,
terra compresa, e del destino avverso – Bettelheim non c’entra, lui sa, il
bambino, che nella tragedia c’è il lieto fine, la morale della favola.
Lo stesso
Lapine firma la sceneggiatura, di cui RobMarshall è produttore e regista –
l’autore di “Chicago”, “Nine” e “Memorie di una geisha”. Lo presenta come un
film “fantasy crossover”, un incrocio dei generi fantasy. Ma sono due lunghe ore
di post-diluvio.
Rob Marshall, Into
the woods
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