mercoledì 29 aprile 2015

Dopo de Bortoli la frutta, in sacrestia

Si conclude domani la direzione al “Corriere della sera” di Ferruccio de Bortoli, gentiluomo e direttore d’orchestra, in un silenzio inquietante. Dopo un settennato minato dal dimezzamento delle vendite, da una linea che non è antiquato dire clericale, surrettizia e avida, e da una crisi probabilmente definitiva del gruppo editoriale, poiché non c’è più da spolpare. Resta il credito, la tradizione. Ma giusto per alzare il prezzo. In realtà il “Corriere” è in vendita, poiché non potrà comprarlo Elkann – ragioni di monopolio, di milanesità, di redditività.
Il dimezzamento delle vendite si può dire generazionale, “demografico”: quanti sono i venti-trentenni  che comprano il giornale? Ma per il resto un’ombra cupa avvolge il giornale. Va via de Bortoli con ampio preannuncio, come usa nelle buone aziende. Ma senza un motivo. E senza un sostituto. Il giorno prima dell’apertura dell’Expo, per la quale Milano vive, un dileggio. Si penserebbe il giornale una casa di vetro, che fa la morale a tutti per tutto, e invece è un buco nero.
Un licenziamento, mascherato male. Che ha preso la forma di un “accordo per un piano di transizione agevolato”. Ma il “piano di transizione” non c’è stato e si arriva al cambio di poltrona senza discussione né candidature. E del resto de Bortoli l’ha detto – la cosa non dev’essere stata indolore se lo ha spinto a forzare il riserbo: “Ho accettato la proposta di uscita che mi è stata fatta dall’azienda” – molti soldi e pace: “Non ho dato io le dimissioni”.
Il settennato ha confermato la curia al centro degli affari a Milano. Solo il campo degli affari è cambiato: non più l’immobiliare, la rendita urbana, ma la sanità. Sotto l’ombrello del cardinale Martini più che del suo successore – ma l’occupazione della sanità privata-pubblica era già cosa fatta. E sempre attraverso Bazoli e Intesa. Con l’uomo di paglia Rotelli, trasformato in un decennio da funzionario a più grande industriale della sanità, nonché titolare di un quarto (!) della proprietà Rcs – quando non bisognava metterci dei soldi.
Una cosa molto ambrosiana, cinica, che ha dato dispiaceri probabilmente decisivi a quel sant’uomo del papa Ratzinger (l’offensiva contro Bertone, che aveva osato opporsi, è stata sanguinosa). Salvo ritirarsi – ritirarsi dal “Corriere” – una volta compiuta l’opera con l’appoggio del giornale. Senza avere sprecato un solo euro d’investimento. Anzi, di più: dopo avere coperto, e forse imposto attraverso il signor nessuno Braggiotti, l’affare Recoletos, per cui ora la Rcs è minacciata di fallimento. Su Recoletos e la sanità, se de Bortoli non è stato complice, sicuramente ha sbagliato.
De Bortoli ha coperto la deriva clericale del giornale. Del clericalismo peggiore, quello degli affari, di un cinismo volpino e totale, senza mai prigionieri. Un’offensiva estesa a Berlusconi, con la primadonna Boccassini e i giudici  (le giudici)  di sacrestia e di curia, beghini e beghine dagli incisivi acuti. Ma Berlusconi ha evidentemente un pelo sullo stomaco più alto, se è riuscito a salvare il patrimonio dalle condanne (De Benedetti, l’ex moglie, il carcere), e ora si porta compratore.

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