sabato 4 aprile 2015

Gesù beato tra le donne

Abbattendo il “tabù della contaminazione”, Gesù di Nazaret ha aperto l’altra metà del cielo – il sottotiolo è “Tabù e trasgressione” (l’edizione inglese inverte titolo e sottotitolo). All’insegna, come per tutti, dell’amore. Contro la cultura ebraica, sessualista e gerarchica. Non è un trattatello femminista, tantomeno antisemita, è il programma del nuovo papato: “Dio è padre solo perché gli uomini sono fatti a sua immagine e somiglianza, e torneranno a somigliargli realmente solo perché, restituiti alla libertà della persona e al rischio della propria unicità interiore, potranno mettere in atto un’infinita capacità di amare”.
Naturalmente non è così, ma è come se la teologia papale recente, di Ratzinger e Bergoglio congiunti dell’enciclica “Lumen Fidei”, fosse stata ispirata da questa donna, oggi novantenne,  che “ufficialmente insegna(va) antropologia culturale nelle facoltà di lettere e medicina dell’università di Roma”. Il saggio, vecchio di trentacinque anni e non ristampato, è anche una summa del “religioso”, oggi fuori catalogo, e quindi tanto più utile. Il “miracolo” è comune a tutte le religioni, e a tutti gli uomini, “di fronte a un potere che li trascende”: “Qualunque sia questo Potere: dei, Dio, demoni, spiriti, antenati,santi, l’uomo pensa di potervisi aggrappare con particolari tecniche: preghiere, rituali, formule magiche, sacrifici, per cambiare il suo destino”. Con “la potenza della parola”, scritta o parlata. Questa potenza, interamente rinnovata da Gesù di Nazaret, è sì effetto della “fede”, ma “in senso capovolto”: “È l’uomo che «pone» il trascendente, e… riesce così a circuirlo”.
Un Gesù laico, oggi si direbbe “riformato”, ma non menomato. “Per Gesù la preghiera è soltanto un atteggiamento interiore; o per lo meno l’intenzione d’amore è una premessa indispensabile per potersi mettere in comunicazione con Dio”.  In Matteo è detto con chiarezza, con asprezza: “La tua parola sia sì sì, no no”, contro “coloro che credono di venire esauditi a forza di parole”. Questa liberazione è stata tradita, specie a danno della donna, ma “qualcosa del fascino di questa libertà è rimasto, se non altro nel linguaggio dei grandi «amanti di Dio»”. Concetti basici, anche, ma oggi quasi esoterici.
Si parte dalla rivoluzione evangelica. Un “genio” è “un catalizzatore”. Ma per questo stesso motivo “nessun genio è mai uscito dal tessuto culturale in cui vive”, pena l’infertilità. Gesù di Nazaret invece “ha rotto totalmente il modello culturale” ebraico, che era il suo, caso unico fra i “geni”. Anzi ha “negato le strutture portanti del sacro, comuni a tutte le società e a tutte le religioni che conosciamo”. Magli ci arriva con un approccio antropologico a ciò che i vangeli dicono di Gesù: 1) la rottura con la famiglia, già ai dodici anni, e con la preghiera comune, escludendo “la liturgia e la preghiera di gruppo”, così come “la necessità del tempio e dei sacerdoti”; 2) la rottura dello schema sessuofobico del potere, dell’“evitazione della donna” (“il rapporto diretto e semplicissimo di Gesù con le donne, che pure rappresentavano la «classe» più impura, più contaminante”): “Eliminare il sistema della contaminazione, eliminare i rituali, la gerarchia sacerdotale, i tempi, festivi, gli spazi sacri, la dipendenza parentale, è una rivoluzione che implica conseguenze politiche  sociali tali da trasformare totalmente qualsiasi tessuto istituzionale”.
Evitare la “evitazione delle donne” è un miracolo quotidiano e costante. Le donne erano tenute fuori dal fatto religioso. E impure, sia pure periodicamente. La Samaritana fa testo perché “le Samaritane erano considerate mestruate dopo la nascita”. Un miracolo, si può aggiungere, doppio, perché non patronale: senza suponenza, ordinario. Il ripudio dell’ebraismo sa di Marcione, dell’incompatibilità teologica del Dio dei Vangeli col Dio dell’Antico Testamento, che non può essere. Ma come fatto culturale è altrettanto innegabile: il punto di vista antropologico è fertile. L’amore sì, per uomini e donne indistintamente, è una novità, ma più spesso la novità (insegnamento) del Vangelo è una radicalizzazione della Bibbia e non un’opposizione. “Ama il prossimo tuo come te stesso” è ebraico. Gesù aggiunge: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”. Anche “ama il tuo nemico” è rintracciabile nel Vecchio Testamento, nei “Proverbi”, 25, 21. Nel Vangelo si intensifica, e cambia valenza etica: il vecchio precetto, socratico, di soffrire piuttosto che infliggere il male ad altri, sostituisce col fare del bene agli altri. O l’adulterio: “Avete inteso che fu detto: «Non commettere adulterio»,; ma i vi dico: chiunque guarda una dona per d desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”.
Notevoli anche le ricadute a margine. La negazione del valore dei rapporti di sangue, allora totalizzante, con esclusione di ogni base razziale. L’identità tra corpo e spirito. Marx e Freud uniti nella cultura ebraica, come si sa, ma in questo modo: il messianismo, sia pure laico (l’eliminazione degli istinti repressi, l’eliminazione delle classi), del “saremo felici e contenti” sulla terra. Il legame streto tra parola e sessualità, esibito nella Bibbia (si giura sugli organi genitali maschili), comune a tutte le letterature. Il “Padre nostro”, considerato “la preghiera per eccellenza”, Magli scopre assemblaggio di interpolazioni dei discepoli, essendo in contrasto “con tutto il pensiero e l’azione di Gesù, mentre risponde pienamente ai valori della cultura ebraica” – non ha letto la lettura di Simone Weil (non la nomina, pur aprendo la trattazione col tema ben weiliano del “genio”, proprio della Weil alla soglia del battesimo, dell’“Attesa di dio”), si sarebbe ricreduta: o l’antropologia vede altre cose? Ed è vero, punto per punto: fino al finale del “debito” e la “tentazione”, che son ancora la legge del taglione e il Dio “tremendo e geloso”.
Capitolo impegnativo è l’alleanza tra Dio e Israele presentato come “legame matrimoniale”, da cui “nasceranno numerosi figli”. Una relazione analogamente intessuta di tradimenti, adulteri, prostituzione – “Israele è la sposa di Dio”. Il rapporto è di tutt’altra natura col Gesù di Nazaret: “Fonda un rapporto d’amore in cui l’altro rimane «altro»”, non più in quanto parte di un genos o un gruppo, ma “un assolto di per sé”. Impegnativa – qui irrisolta, Magli ci tornerà sopra - la revisione della mariologia. Con un provvisorio ridimensionamento del ruolo della “madre di Dio”, in quanto “«proiezione» (senza dare a questo termine nessuna accezione di carattere psicoanalitico) di un immaginario maschile che non ha nulla a che fare con le donne come realtà fisiche, esistenziale e concreta, salvo ch per i divieti che per esse ne discendono”. Lasciando intatte le tabuizzazioni, “in particolar modo nei confronti del meccanismo biologico della sessualità femminile”, mestruazioni, gravidanza, puerperio, allattamento, aborto, “sia spontaneo che provocato”.
Anche l’ultima cena e l’eucarestia; chi li ha inventati, si chiede l’antropologa – questo è un mistero anche per lei, qui non c’è nulla nella cultura ebraica che i discepoli abbiano potuto mediare. Più in generale, Ida Magli segue Gesù e lo capisce fino al Getsemani. Restano fuori, incomprensibili, liquidati in breve, l’ultima cena, la passione, la resurrezione, le donne al sepolcro. Il Gesù non più di Nazaret.
Ida Magli, Gesù di Nazaret

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